giovedì 30 giugno 2011

A casa di Frank

Siamo fermi da qualche giorno a Ciudad Bolivar in attesa della partenza per Santa Elena (oggi pomeriggio), dalla quale salperemo (sabato) alla volta del leggendario Roraima.
C'è un pò di tempo per riflettere. Riflettere sulla vita, sul mondo, su quello che andiamo cercando da queste parti.
Lunedì scorsco abbiamo conosciuto Frank, colui che ci farà da guida nella scalata al Roraima. Frank è un signore di cinquant'anni, simpatico, forte bevitore di cerveza hielada, innamorato dei luoghi che frequenta con i turisti. Ci dice di aver scalato la montagna, il cui nome significa "madre di tutte le acque", più di 300 volte. C'è da credergli. Qua sotto alla posada ci sono vari operatori turistici. Tutti lo conoscono e tutti si fidano di lui per mandare i turisti a "passeggio" per la savana. Tanto che, da due (io e Giuliano), diventiamo un gruppo di 7 persone, infatti gli altri gli vengono affidati da altre 2 agenzie...
Ieri è venuto a cercarci qui alla posada, dove ormai siamo di casa, per invitarci a pranzo a casa sua. Vuole farci conoscere sua moglie e (scopriremo poi) deve dirci di questi altri turisti che verranno con noi.
Purtroppo io e Giuliano siamo fuori per il pranzo e, dopo aver girato parecchio per il centro città senza trovarci, se ne va deluso...
Però torna l'indomani...
Insomma abbiamo questo invito a pranzo che naturalmente accettiamo volentieri!
Prendiamo un taxi (sul quale carichiamo anche una gabbia con 2 pappagalli che gli hanno appena regalato...) e via verso la periferia più lontana di Ciudad Bolivar. E' abbastanza lontano dal centro città.
Frank vive in un barrio molto povero, di quelli che si vedono nei documentari o nei film, perchè agli stranieri non è consentito l'accesso a meno di mettere a rischio la pelle e il portafoglio (e le scarpe anche!).
Lasciamo la strada asfaltata per percorrere qualche centinaio di metri su un pezzo di sterrato, buche e alberi di mango la fanno da padrone. Il paesaggio intorno è abbastanza deprimente, colpiscono l'occhio le baracche fatte di lamiera, i ragazzini che giocano in una tinozza d'acqua, i cani che gironzolano insieme a galli, galline e pulcini.
Nei dintorni, ci racconta il nostro amico, hanno ammazzato 7 persone solo nell'ultimo anno.
Arriviamo a casa di Frank, che ci invita a entrare. Non nascondo di aver provato un certo imbarazzo per qualche minuto.
Casa sua è una delle più vivibili a quanto pare.
Quattro mura chiudono un paio di stanze, c'è un tavolo con qualche sedia, un divano e una cucina in un angolo. Per fortuna non vediamo la camera da letto. Il bagno è separato dal resto della casa da una tendina svolazzante.
Fa un caldo atroce e opprimente per via del clima inclemente e del tetto di lamiera ondulata, così trasferiamo tavolo e sedie sotto il grande albero di mango subito fuori l'abitazione. Di manghi ce ne sono un'infinità da queste parti, basta guardarsi intorno per vedere decine di alberi verdi e bellissimi. Non ci sono molti frutti sui rami perchè è appena passata la stagione della maturazione. Ce ne sono decine a terra però, perchè la produzione è talmente tanta che non si fa in tempo a raccoglierli e mangiarli. Sono contente le mosche, le formiche, i pappagalli e tutti gli animali che trovano in questo succulento frutto il loro sostentamento. Ci spiega Frank che i poveri sopravvivono mangiandone tantissimi.
Ci sediamo e Frank ci presenta sua moglie, una ragazza abbastanza giovane e carina, non arriva a 30 anni, la suocera e i figli piccoli (uno di loro si chiama Bronson, come il giustiziere della notte!). Quando gli chiediamo se ha soltanto loro ci risponde elencando tutti i figli con relative età e mi pare di averne contati 7, dai 3 ai 22 anni... deve aver avuto almeno un paio di altre donne nella sua vita...
Quando gli dico che adoro i manghi chiama subito un pischello di una baracchetta vicina e lo manda a raccoglierne un sacchetto che peserà almeno 3 kili... ci stiamo facendo colazione... nonostante non siano perfettamente maturi sono una prelibatezza...
Apriamo un paio di birre e manda l'altro figlio a comprarne altre 10, ama molto bere (tranne quando sta sul Roraima, dove non ha bisogno di niente altro che del Roraima) e ama condividere quel poco che ha.
Il pranzo è composto da una "bistecca" di dorado (un succulento pesce di fiume, freschissimo e dalla carne molto saporita) fritto, riso, insalata con pomodori e cipolle, salsa piccante di termiti (termiti proprio! che scrocchiano sotto i denti!).
Insomma un bel pranzetto.
Ci scoliamo chiacchierando e mangiando almeno 4-5 birre a testa e un pò per il caldo, un pò perchè stiamo perdendo l'abitudine, comincia a farsi sentire una bella botta in testa.
Ci racconta di aver racimolato altre persone per andare tutti insieme al Roraima, così possiamo prendere un portatore e lui ci guadagna qualcosina in più. Si raccomanda di non dire niente a Carlos, della nostra agenzia, altrimenti gli toglie qualcosa dalla già misera paga...
Anche qui ci sentiamo a casa. Frank è un bel tipo, ha la faccia pulita e gli occhi sinceri.
Comincio a pensare che è proprio vero che avere poche cose rende più generosi e amorevoli verso il prossimo.
Se penso a dove vive quest'uomo, con tutti quei ragazzini che magari fa anche fatica a dargli da mangiare, e ci tratta come amici offrendoci il meglio che può, forse anche al di sopra delle sue possibilità, mi viene da piangere e impallidisco al pensiero che queste cose alle nostre latitudini non succedono quasi mai.
Ricordo perchè amo il Sud America e la sua gente.
Li amo perchè non hanno bisogno di tanto per essere felici. Li amo perchè sono dotati di una generosità incredibile, che stupisce noi occidentali abituati a rincorrere la vita stando attenti a non sbilanciarci troppo verso il prossimo.
C'è molto da imparare da questa gente.
Voglia di amicizia e condivisione. Amistad qui si chiama.
Finora abbiamo incontrato soltanto persone come Frank, pronte ad aiutare il prossimo senza esitazione.
L'idea che abbiamo del Sudamerica è completamente fuorviata dalle cazzate della tv. Esistono i problemi, gravi anche, esistono le contraddizioni, esiste la povertà con tutto ciò che ne consegue.
Ma sopra tutto esiste il grande cuore dei sudamericani. Sopra tutto esiste l'amore per la vita.
Non serve avere molto per essere felici.
Basta essere felici.
E volete sapere una cosa? Io sono felice.

2 commenti:

  1. grande daniele!!! questo è il motivo principale per cui anche io amo il sud del mondo: la concezione totalmente opposta della vita, il ribaltamento dell'ordine delle priorità e dei bisogni primari. Relativizzare i propri problemi è un esercizio che la nostra società, saldamente centrata sull'egocentrismo, ha completamente dimenticato. e viaggiare tra i popoli e le culture del sud, soprattutto se a contatto con le fasce sociali meno contaminate, è il modo migliore per ricominciare a farlo.
    buona esperienza fratello
    un abbraccio
    attilio

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  2. ciao attila!
    sono molto contento che stai leggendo, perchè so che sei uno di quelli che possono capire profondamente quello che stiamo provando.
    la vita qui è molto più semplice e contemporaneamente più difficile di quanto si possa immaginare.
    le difficoltà legate alla sopravvivenza quotidiana credo siano ampiamente controbilanciate dalla facilità di trovare il tempo per sorridere alla vita.
    ripeto: abbiamo molto da imparare.

    un abbraccio

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