Siamo fermi da qualche giorno a Ciudad Bolivar in attesa della partenza per Santa Elena (oggi pomeriggio), dalla quale salperemo (sabato) alla volta del leggendario Roraima.
C'è un pò di tempo per riflettere. Riflettere sulla vita, sul mondo, su quello che andiamo cercando da queste parti.
Lunedì scorsco abbiamo conosciuto Frank, colui che ci farà da guida nella scalata al Roraima. Frank è un signore di cinquant'anni, simpatico, forte bevitore di cerveza hielada, innamorato dei luoghi che frequenta con i turisti. Ci dice di aver scalato la montagna, il cui nome significa "madre di tutte le acque", più di 300 volte. C'è da credergli. Qua sotto alla posada ci sono vari operatori turistici. Tutti lo conoscono e tutti si fidano di lui per mandare i turisti a "passeggio" per la savana. Tanto che, da due (io e Giuliano), diventiamo un gruppo di 7 persone, infatti gli altri gli vengono affidati da altre 2 agenzie...
Ieri è venuto a cercarci qui alla posada, dove ormai siamo di casa, per invitarci a pranzo a casa sua. Vuole farci conoscere sua moglie e (scopriremo poi) deve dirci di questi altri turisti che verranno con noi.
Purtroppo io e Giuliano siamo fuori per il pranzo e, dopo aver girato parecchio per il centro città senza trovarci, se ne va deluso...
Però torna l'indomani...
Insomma abbiamo questo invito a pranzo che naturalmente accettiamo volentieri!
Prendiamo un taxi (sul quale carichiamo anche una gabbia con 2 pappagalli che gli hanno appena regalato...) e via verso la periferia più lontana di Ciudad Bolivar. E' abbastanza lontano dal centro città.
Frank vive in un barrio molto povero, di quelli che si vedono nei documentari o nei film, perchè agli stranieri non è consentito l'accesso a meno di mettere a rischio la pelle e il portafoglio (e le scarpe anche!).
Lasciamo la strada asfaltata per percorrere qualche centinaio di metri su un pezzo di sterrato, buche e alberi di mango la fanno da padrone. Il paesaggio intorno è abbastanza deprimente, colpiscono l'occhio le baracche fatte di lamiera, i ragazzini che giocano in una tinozza d'acqua, i cani che gironzolano insieme a galli, galline e pulcini.
Nei dintorni, ci racconta il nostro amico, hanno ammazzato 7 persone solo nell'ultimo anno.
Arriviamo a casa di Frank, che ci invita a entrare. Non nascondo di aver provato un certo imbarazzo per qualche minuto.
Casa sua è una delle più vivibili a quanto pare.
Quattro mura chiudono un paio di stanze, c'è un tavolo con qualche sedia, un divano e una cucina in un angolo. Per fortuna non vediamo la camera da letto. Il bagno è separato dal resto della casa da una tendina svolazzante.
Fa un caldo atroce e opprimente per via del clima inclemente e del tetto di lamiera ondulata, così trasferiamo tavolo e sedie sotto il grande albero di mango subito fuori l'abitazione. Di manghi ce ne sono un'infinità da queste parti, basta guardarsi intorno per vedere decine di alberi verdi e bellissimi. Non ci sono molti frutti sui rami perchè è appena passata la stagione della maturazione. Ce ne sono decine a terra però, perchè la produzione è talmente tanta che non si fa in tempo a raccoglierli e mangiarli. Sono contente le mosche, le formiche, i pappagalli e tutti gli animali che trovano in questo succulento frutto il loro sostentamento. Ci spiega Frank che i poveri sopravvivono mangiandone tantissimi.
Ci sediamo e Frank ci presenta sua moglie, una ragazza abbastanza giovane e carina, non arriva a 30 anni, la suocera e i figli piccoli (uno di loro si chiama Bronson, come il giustiziere della notte!). Quando gli chiediamo se ha soltanto loro ci risponde elencando tutti i figli con relative età e mi pare di averne contati 7, dai 3 ai 22 anni... deve aver avuto almeno un paio di altre donne nella sua vita...
Quando gli dico che adoro i manghi chiama subito un pischello di una baracchetta vicina e lo manda a raccoglierne un sacchetto che peserà almeno 3 kili... ci stiamo facendo colazione... nonostante non siano perfettamente maturi sono una prelibatezza...
Apriamo un paio di birre e manda l'altro figlio a comprarne altre 10, ama molto bere (tranne quando sta sul Roraima, dove non ha bisogno di niente altro che del Roraima) e ama condividere quel poco che ha.
Il pranzo è composto da una "bistecca" di dorado (un succulento pesce di fiume, freschissimo e dalla carne molto saporita) fritto, riso, insalata con pomodori e cipolle, salsa piccante di termiti (termiti proprio! che scrocchiano sotto i denti!).
Insomma un bel pranzetto.
Ci scoliamo chiacchierando e mangiando almeno 4-5 birre a testa e un pò per il caldo, un pò perchè stiamo perdendo l'abitudine, comincia a farsi sentire una bella botta in testa.
Ci racconta di aver racimolato altre persone per andare tutti insieme al Roraima, così possiamo prendere un portatore e lui ci guadagna qualcosina in più. Si raccomanda di non dire niente a Carlos, della nostra agenzia, altrimenti gli toglie qualcosa dalla già misera paga...
Anche qui ci sentiamo a casa. Frank è un bel tipo, ha la faccia pulita e gli occhi sinceri.
Comincio a pensare che è proprio vero che avere poche cose rende più generosi e amorevoli verso il prossimo.
Se penso a dove vive quest'uomo, con tutti quei ragazzini che magari fa anche fatica a dargli da mangiare, e ci tratta come amici offrendoci il meglio che può, forse anche al di sopra delle sue possibilità, mi viene da piangere e impallidisco al pensiero che queste cose alle nostre latitudini non succedono quasi mai.
Ricordo perchè amo il Sud America e la sua gente.
Li amo perchè non hanno bisogno di tanto per essere felici. Li amo perchè sono dotati di una generosità incredibile, che stupisce noi occidentali abituati a rincorrere la vita stando attenti a non sbilanciarci troppo verso il prossimo.
C'è molto da imparare da questa gente.
Voglia di amicizia e condivisione. Amistad qui si chiama.
Finora abbiamo incontrato soltanto persone come Frank, pronte ad aiutare il prossimo senza esitazione.
L'idea che abbiamo del Sudamerica è completamente fuorviata dalle cazzate della tv. Esistono i problemi, gravi anche, esistono le contraddizioni, esiste la povertà con tutto ciò che ne consegue.
Ma sopra tutto esiste il grande cuore dei sudamericani. Sopra tutto esiste l'amore per la vita.
Non serve avere molto per essere felici.
Basta essere felici.
E volete sapere una cosa? Io sono felice.
giovedì 30 giugno 2011
martedì 28 giugno 2011
Da Ciudad Bolivar al Salto Angel via Canaima (e ritorno) 23 - 28 giugno 2011
Lasciata Puerto Ordaz arriviamo alla vicina Ciudad Bolivar per organizzare l'escursione al Salto Angel.
Scesi al terminal terrestre non facciamo in tempo a caricare gli zaini sulle spalle che veniamo ''catturati'' da Carlos, un simpatico gordito che ci inizia ad elencare tutte le escursioni che organizza con la sua agenzia e ci invita a dormire nella sua posada familiare dove ci spega che possiamo stare a gratisse per questa notte anche se non ci accorderemo per partire con la sua organizzazione per il Salto Angel.
Arriviamo alla posada distrutti, sporchi e ancora bagnati dopo il giro nel delta e anche un pò frastornati per l'insistenza e la parlantina stile napoletano di Carlos che alla fine ci convince a partire l'indomani offrendoci un buon prezzo per quattro giorni e tre notti a Canaima e al Salto Angel, offrendoci la cena e promettendoci che potremo fermarci qui da lui anche al ritorno.
Cosi l'indomani ci svegliamo e dopo una ricca colazione ci viene a prendere un tassista che ci porta al piccolo aereoporto della città, dove è custodito con cura l'aeroplano con cui Jimmy Angel sorvolò e vide per la prima volta la cascata più alta del mondo.
Alle 8,30 circa partiamo alla volta di Canaima su un piccolo monomotore Cessna stile ''Blow''.
Il velivolo, al suo interno sembra di stare su una macchina ma che dico macchina è più calzante utilitaria, è a 6 posti compreso quello del pilota che nel viaggio tenendo la cloche con una sola mano apre e sfoglia tranquillamente il giornale come se stesse a sedere a casa sulla poltrona!
Inutile dire che il velivolo è decisamente traballante, in particolare quando si passa dentro le nuvole è peggio di una 600 su una strada dissestata!
Il panorama sotto i nostri occhi è sempre più incantevole man mano che ci avviciniamo a Canaima, e quando da lontano si iniziano ad intravedere i primi imponenti tepuis che si innalzano dalla pianura verso l'alto nel bel mezzo della foresta, nei pressi della laguna di Canaima, l'aereo inizia la discesa verso il piccolo aereoporto, se così si può definire la struttura fatta di pali di legno e tetto di paglia, situato accanto al villaggio ed alle varie posadas.
Giunti a destinazione ci avvisano del piccolo sconvolgimento di programma, infatti dobbiamo partire subito per il Salto Angel (e non come accordato preventivamente andarci il giorno dopo), questo ci da un pò di preoccupazione iniziale, ma si rivelerà la cosa migliore, infatti partiamo con un buon gruppo e non di troppe persone e il giorno dopo ci saremmo dovuti aggregare ad un pessimo gruppo di più di venti persone tra cui parecchi un bel pò avanti con l'età...
Il gruppo che è guidato dal mitico Antonio Alli che si fa chiamare affettuosamente Toni è composto da me e Daniele più altre cinque coppie: 2 portoghesi, 2 venezuelani (in viaggio di nozze e residenti vicino il PN Morrocoy) un italiano marchigiano con la sua morosa venezuelana conosciuta in Italia che vivono a Caracas, un altra coppia di venezuelani e due pazzi scatenati italiani che viaggiano da circa 9 mesi in barca a vela intenti a percorrere il giro del mondo.
Fatte le presentazioni siamo pronti per partire: il percorso è lungo ed impegnativo.
Dopo un assaggio (dal primo mirador che incontriamo sul percorso, vicino il salto Ucaima) della potenza di tutta l'acqua che viene giù per il fiume e va a confluire nelle cascate che si gettano nella sottostante laguna di Canaima si sale in 'lancia'.
Dopo una ventina di minuti di navigazione bisogna scendere e percorrere un tratto di terraferma per evitare le rapide che non si possono attraversare con la barca piena di gente e si cammina per un'ora circa sotto il sole cocente, poi di nuovo sulla barchetta che va una spada anche contro corrente, ma imbarca acqua a secchiate ogni volta che incontriamo le onde create dalle rapide oppure dei piccoli dislivelli nel letto del fiume.
Dopo un altra oretta di fiume, ci fermiamo per una sosta al Pozo de la felicidad, così chiamato perchè chiunque vi si ferma poi riparte con il sorriso sulle labbra, dove una piccola cascata forma una sorta di piscina naturale in cui è possibile tuffarsi e rinfrescasi un pò ammirando il paesaggio circostante e mangiando qualcosa.
Non c'è tempo da perdere e cosi dopo il break unico e rinfrescante si riparte su per il fiume navigando verso il Teipus da dove nasce l'Angel che è ancora lontano, ma nel viaggio altre formazioni rocciose imponenti da dove nascono altre tantissime cascate più o meno alte fanno si che non ci si annoi mai, fino a che in lontananza si inizia a scorgere dell'acqua che sembra cascare dal cielo per quanto sta in alto, iniziano i brividi e la pelle d'oca, una sola parola: SALTO ANGEL.
Finalmente siamo ai suoi piedi e da qui l'emozione non è facilmente descrivibile, se non impossibile, infatti si rimane ad ammirare stupefatti e in silenzio questo capolavoro della natura che non ha rivali nel suo genere. Possiamo solo mettere qualche foto che sicuramente non renderà l'idea di quello che si prova a stare li sotto in carne ed ossa! brrrrrrrr
Ora si deve affrontare una scalata di circa un'ora per poter ammirare da più vicino il Salto, ma nonostante il viaggio abbastanza faticoso ora la stanchezza sembra essersi dissolta, infatti senza esitazioni si parte quasi correndo per il Mirador.
Ormai zuppi di sudore percorriamo l'unico sentiero creato tra rocce e radici e salendo sempre più in alto si sente sempre più forte e prepotente il frastuono dell'acqua che scende senza sosta da circa 980 m fino a che dal Mirador ecco spuntare tra le rocce un immensa massa d'acqua che sembra surrealmente cascare direttamente dal cielo, a causa delle nubi che non permettono di vedere bene l'inizio del Salto se non per qualche breve istante.
Percorsi un altra manciata di metri dal Mirador andiamo la dove la cascata forma una laguna di acqua purissima e freddissima,che si puà anche bere, nella quale non si può fare a meno di tuffarsi ed ammirare a mollo il getto d'acqua che dall'alto scende verso di noi...da qui vi posso assicurare che ci si sente piccoli piccoli!
Grazie Salto Angel !!!
Purtroppo la luce inizia a calare e bisogna a malincuore iniziare la discesa, stavolta la stanchezza si fa sentire dopo aver scaricato l'adrenalina!
Arriviamo al campamento ai piedi del Salto Angel letteralmente fatti d'acqua e al buio più totale dove ci asciughiamo e cambiamo di corsa prima di mettere qualcosa sotto i denti, poi dopo una chiacchierata con il simpatico Tony e gli altri ragazzi del gruppo aspettiamo che finisca l'alimentazione che tiene accese le lampadine del campamento prima di andare a dormire,se cosi si può dire, infatti le amache dove 'alloggiamo' (ma penso come tutte) non sono delle più comode al mondo, ma non si può avere tutto dalla vita!
Svegliarsi la mattina seguente, scendere dall'amaca, fare pochi passi, alzare gli occhi al cielo e ammirare il Salto Angel in tutta la sua maestosità da quaggiù non è cosa che capita tutti i giorni! Un esperienza unica e indimenticabile, che purtroppo dopo una veloce colazione ed aver preparato gli zaini dobbiamo lasciare ben presto.
Sono circa le sei e mezza quando ricomincia la discesa verso Canaima, stavolta senza soste, ma con la corrente a favore e quindi di poco più veloce, ma non meno 'bagnata' dell'andata.
Arrivati al campamento a Canaima si va a rifoccillarsi per ripartire subito il primo pomeriggio verso il Salto Sapo, più vicino, ma non meno unico ed emozionante come intensità.
Occorre infatti attraversare solo la laguna dalla quale siamo a due passi e nella quale si riversano senza sosta e con una potenza a dir poco impressionante quattro cascate formate da tutte le acque circostanti e che vengono condotte tutte qui dal fiume soprastante, navigato il giorno prima per arrivare al Salto Angel.
Scesi sull'isola Anatoli, ci dirigiamo a piedi verso la cascata percorrendo un paesaggio molto particolare e suggestivo. Stavolta con un altra giuda (Jesus) e con un altro gruppo, tra cui spicca il Gordo,chiamato cosi anche dalla giuda, che non fa niente per non mettere in mostra il suo pancione stratosferico, nemmeno quando il figlio (un omone di 2 metri) gli spalma il repellente per gli insetti mentre lui mangia beato un pacco di grissini sfoggiando uno slippino azzurro turchese da surfista californiano.
Lasciato da parte il Gordo, che oltretutto dopo averlo preso per il culo tutto il giorno ci dirà che è di origini napoletane e parla benissimo l'italiano, è tempo di affrontare il Salto Sapo, infatti dopo averlo ammirato dall'alto ci si entra letteralmente dentro e si passa da una parte all'altra del salto percorrendo una cavità rocciosa sulla quale l'acqua rimbalza permettendo il passaggio al suo interno.
A dirlo cosi sembra una passeggiata, ma finchè non si è li sotto non si può nemmeno lontanamente immagginare quanta potenza incontrastata può avere l'acqua che viene giù come una valanga, a metà del passaggio la corrente creata dalla forza e dalla quantità impressionante d'acqua che viene giù ti toglie letteralmente il fiato e ti fa tremare, anche perchè naturalmente non c'è modo di non inzupparsi completamente, ma anche qui ne vale assolutamente la pena e uscire dall'altra parte e bagnarsi al lato (sennò ti si stacca la testa) di questo piccolo grande Salto è un'altra esperienza a cui le foto e i video non renderanno mai giustizia.
Purtroppo anche questa gita spettacolare e intensa giunge al termine e bisogna rientrare al campamento, non prima di ripercorrere, molto volentieri la ''strada'' dell'andata e riassaporare di nuovo la forza incontrastate e incontrastabile della potenza incontaminata della natura di queste zone entusiasmanti (e ammirare il Gordo!).
Tornati alla base, chiacchieriamo un pò con il nostro nuovo compagno di stanza per la notte, Jorge Sanz, viaggiatore solitario di Madrid e dopo aver cenato e bevuto una birretta in un tranquillo e suggestivo ''chiosco'' adiacente alla nostra posada insieme a Jorge, a Tony e ad una coppia di "circensi" francesi stanchi morti ma contenti di quanto sopra possiamo andare a chiudere gli occhi, che a dir la verità facciamo fatica a tenere aperti adesso.
Il terzo giorno qui a Canaima lo passiamo riposandoci a dispetto dell'intensità delle due giornate precedenti girovagando per il villaggio dei Pemòn, nel suo negozietto di artigianato locale e mangiando pollo locale da gente del pueblo, mai mangiati dei polli cosi saporiti e succulenti, una vera prelibatezza! Da leccarsi i baffi!
La giornata va avanti cosi, girando qui e là, senza particolari colpi di scena, scattando foto e rilassandoci alla playa della laguna che è un posto davvero unico e idilliaco (vedi foto per credere).
La quarta ed ultima giornata per rientrare a Ciudad Bolivar è un vero disastro! Niente di particolare, ma basta dire che dovevamo partire alle 10 di mattina e siamo partiti con sei ore di ritardo a causa della rottura del carrello del nostro velivolo, una scusa in più per gustarci un altro polletto locale!
Alla fine, ci imbarcano su un altro aereoplano (senza nemmeno chiederci i passaporti) e con il pilota che gioca tranquillamente a solitario col suo cellulare arriviamo sani e salvi a destnazione dove ci aspetta Giovanni, il fratello di Carlos, che ci porta alla posada dove rimarremo altri 2-3 giorni per visitare la cittadina con calma ed organizzare la prossima avventura: Roraima.
Il giorno seguente, visto che la gita di questi quattro giorni alla fine è proceduta alla grande, a parte qualche piccolo imprevisto, decidiamo di organizzare l'escursione al Roraima sempre con Carlos che così ci ospita a gratisse fino al giorno della partenza previsto per mercoledi.
In mattinata conosciamo la nostra futura guida per scalare questo misterioso tepui, Frank, che ci spega un pò quello che andremo ad affrontare, ma questo è un capitolo a parte.
Cosi passiamo un paio di giorni a riposarci e girare per Ciudad Bolivar, una bellissima e coloratissima città coloniale, dove non succede nulla di avventuroso, anche perchè il posto non offre particolari attrazioni, ma è comunque bello e suggestivo girare per queste vie e palazzi pieni d'arte e storia che verso le sei al calar delle tenebre si svuotano misteriosamente trasformando il tutto di colpo in una surreale cittadina coloniale fantasma.
Inoltre visitiamo il fortin El Zamora e La Casa de Tejas, dove le rocce enormi la fanno da padrone.
E ora dopo ora, mentre qui alla posada c'è gente che va e che viene, giapponesi, tedeschi, americani e un italiano di Roma in cerca di un posto dove stabilizzarsi qui in Sud America, si avvicina sempre di più l'ora della partenza per San Francisco de Yuruani alla volta del Roraima...
Scesi al terminal terrestre non facciamo in tempo a caricare gli zaini sulle spalle che veniamo ''catturati'' da Carlos, un simpatico gordito che ci inizia ad elencare tutte le escursioni che organizza con la sua agenzia e ci invita a dormire nella sua posada familiare dove ci spega che possiamo stare a gratisse per questa notte anche se non ci accorderemo per partire con la sua organizzazione per il Salto Angel.
Arriviamo alla posada distrutti, sporchi e ancora bagnati dopo il giro nel delta e anche un pò frastornati per l'insistenza e la parlantina stile napoletano di Carlos che alla fine ci convince a partire l'indomani offrendoci un buon prezzo per quattro giorni e tre notti a Canaima e al Salto Angel, offrendoci la cena e promettendoci che potremo fermarci qui da lui anche al ritorno.
Cosi l'indomani ci svegliamo e dopo una ricca colazione ci viene a prendere un tassista che ci porta al piccolo aereoporto della città, dove è custodito con cura l'aeroplano con cui Jimmy Angel sorvolò e vide per la prima volta la cascata più alta del mondo.
L'aereo di Jimmy Angel |
Alle 8,30 circa partiamo alla volta di Canaima su un piccolo monomotore Cessna stile ''Blow''.
Il nostro aereo per l'andata, al ritorno era messo un pò peggio... |
Il velivolo, al suo interno sembra di stare su una macchina ma che dico macchina è più calzante utilitaria, è a 6 posti compreso quello del pilota che nel viaggio tenendo la cloche con una sola mano apre e sfoglia tranquillamente il giornale come se stesse a sedere a casa sulla poltrona!
Durante il volo |
Inutile dire che il velivolo è decisamente traballante, in particolare quando si passa dentro le nuvole è peggio di una 600 su una strada dissestata!
Il panorama sotto i nostri occhi è sempre più incantevole man mano che ci avviciniamo a Canaima, e quando da lontano si iniziano ad intravedere i primi imponenti tepuis che si innalzano dalla pianura verso l'alto nel bel mezzo della foresta, nei pressi della laguna di Canaima, l'aereo inizia la discesa verso il piccolo aereoporto, se così si può definire la struttura fatta di pali di legno e tetto di paglia, situato accanto al villaggio ed alle varie posadas.
La laguna di Canaima dall'aereo. No comment. |
Giunti a destinazione ci avvisano del piccolo sconvolgimento di programma, infatti dobbiamo partire subito per il Salto Angel (e non come accordato preventivamente andarci il giorno dopo), questo ci da un pò di preoccupazione iniziale, ma si rivelerà la cosa migliore, infatti partiamo con un buon gruppo e non di troppe persone e il giorno dopo ci saremmo dovuti aggregare ad un pessimo gruppo di più di venti persone tra cui parecchi un bel pò avanti con l'età...
Il gruppo che è guidato dal mitico Antonio Alli che si fa chiamare affettuosamente Toni è composto da me e Daniele più altre cinque coppie: 2 portoghesi, 2 venezuelani (in viaggio di nozze e residenti vicino il PN Morrocoy) un italiano marchigiano con la sua morosa venezuelana conosciuta in Italia che vivono a Caracas, un altra coppia di venezuelani e due pazzi scatenati italiani che viaggiano da circa 9 mesi in barca a vela intenti a percorrere il giro del mondo.
Fatte le presentazioni siamo pronti per partire: il percorso è lungo ed impegnativo.
Dopo un assaggio (dal primo mirador che incontriamo sul percorso, vicino il salto Ucaima) della potenza di tutta l'acqua che viene giù per il fiume e va a confluire nelle cascate che si gettano nella sottostante laguna di Canaima si sale in 'lancia'.
Salto Ucaima |
Dopo una ventina di minuti di navigazione bisogna scendere e percorrere un tratto di terraferma per evitare le rapide che non si possono attraversare con la barca piena di gente e si cammina per un'ora circa sotto il sole cocente, poi di nuovo sulla barchetta che va una spada anche contro corrente, ma imbarca acqua a secchiate ogni volta che incontriamo le onde create dalle rapide oppure dei piccoli dislivelli nel letto del fiume.
La lancia (a destra) e Toni (a sinistra) |
Cammino nella sabana |
Dopo un altra oretta di fiume, ci fermiamo per una sosta al Pozo de la felicidad, così chiamato perchè chiunque vi si ferma poi riparte con il sorriso sulle labbra, dove una piccola cascata forma una sorta di piscina naturale in cui è possibile tuffarsi e rinfrescasi un pò ammirando il paesaggio circostante e mangiando qualcosa.
Al pozo de la felicidad |
Non c'è tempo da perdere e cosi dopo il break unico e rinfrescante si riparte su per il fiume navigando verso il Teipus da dove nasce l'Angel che è ancora lontano, ma nel viaggio altre formazioni rocciose imponenti da dove nascono altre tantissime cascate più o meno alte fanno si che non ci si annoi mai, fino a che in lontananza si inizia a scorgere dell'acqua che sembra cascare dal cielo per quanto sta in alto, iniziano i brividi e la pelle d'oca, una sola parola: SALTO ANGEL.
Finalmente siamo ai suoi piedi e da qui l'emozione non è facilmente descrivibile, se non impossibile, infatti si rimane ad ammirare stupefatti e in silenzio questo capolavoro della natura che non ha rivali nel suo genere. Possiamo solo mettere qualche foto che sicuramente non renderà l'idea di quello che si prova a stare li sotto in carne ed ossa! brrrrrrrr
Ora si deve affrontare una scalata di circa un'ora per poter ammirare da più vicino il Salto, ma nonostante il viaggio abbastanza faticoso ora la stanchezza sembra essersi dissolta, infatti senza esitazioni si parte quasi correndo per il Mirador.
Stremato. E siamo solo a metà del cammino |
Ormai zuppi di sudore percorriamo l'unico sentiero creato tra rocce e radici e salendo sempre più in alto si sente sempre più forte e prepotente il frastuono dell'acqua che scende senza sosta da circa 980 m fino a che dal Mirador ecco spuntare tra le rocce un immensa massa d'acqua che sembra surrealmente cascare direttamente dal cielo, a causa delle nubi che non permettono di vedere bene l'inizio del Salto se non per qualche breve istante.
Percorsi un altra manciata di metri dal Mirador andiamo la dove la cascata forma una laguna di acqua purissima e freddissima,che si puà anche bere, nella quale non si può fare a meno di tuffarsi ed ammirare a mollo il getto d'acqua che dall'alto scende verso di noi...da qui vi posso assicurare che ci si sente piccoli piccoli!
Sotto il Salto. Proprio sotto! |
Grazie Salto Angel !!!
Purtroppo la luce inizia a calare e bisogna a malincuore iniziare la discesa, stavolta la stanchezza si fa sentire dopo aver scaricato l'adrenalina!
Arriviamo al campamento ai piedi del Salto Angel letteralmente fatti d'acqua e al buio più totale dove ci asciughiamo e cambiamo di corsa prima di mettere qualcosa sotto i denti, poi dopo una chiacchierata con il simpatico Tony e gli altri ragazzi del gruppo aspettiamo che finisca l'alimentazione che tiene accese le lampadine del campamento prima di andare a dormire,se cosi si può dire, infatti le amache dove 'alloggiamo' (ma penso come tutte) non sono delle più comode al mondo, ma non si può avere tutto dalla vita!
Svegliarsi la mattina seguente, scendere dall'amaca, fare pochi passi, alzare gli occhi al cielo e ammirare il Salto Angel in tutta la sua maestosità da quaggiù non è cosa che capita tutti i giorni! Un esperienza unica e indimenticabile, che purtroppo dopo una veloce colazione ed aver preparato gli zaini dobbiamo lasciare ben presto.
Buongiorno! |
Sono circa le sei e mezza quando ricomincia la discesa verso Canaima, stavolta senza soste, ma con la corrente a favore e quindi di poco più veloce, ma non meno 'bagnata' dell'andata.
Arrivati al campamento a Canaima si va a rifoccillarsi per ripartire subito il primo pomeriggio verso il Salto Sapo, più vicino, ma non meno unico ed emozionante come intensità.
Occorre infatti attraversare solo la laguna dalla quale siamo a due passi e nella quale si riversano senza sosta e con una potenza a dir poco impressionante quattro cascate formate da tutte le acque circostanti e che vengono condotte tutte qui dal fiume soprastante, navigato il giorno prima per arrivare al Salto Angel.
Scesi sull'isola Anatoli, ci dirigiamo a piedi verso la cascata percorrendo un paesaggio molto particolare e suggestivo. Stavolta con un altra giuda (Jesus) e con un altro gruppo, tra cui spicca il Gordo,chiamato cosi anche dalla giuda, che non fa niente per non mettere in mostra il suo pancione stratosferico, nemmeno quando il figlio (un omone di 2 metri) gli spalma il repellente per gli insetti mentre lui mangia beato un pacco di grissini sfoggiando uno slippino azzurro turchese da surfista californiano.
Lasciato da parte il Gordo, che oltretutto dopo averlo preso per il culo tutto il giorno ci dirà che è di origini napoletane e parla benissimo l'italiano, è tempo di affrontare il Salto Sapo, infatti dopo averlo ammirato dall'alto ci si entra letteralmente dentro e si passa da una parte all'altra del salto percorrendo una cavità rocciosa sulla quale l'acqua rimbalza permettendo il passaggio al suo interno.
Salto Sapo. Da sopra. |
A dirlo cosi sembra una passeggiata, ma finchè non si è li sotto non si può nemmeno lontanamente immagginare quanta potenza incontrastata può avere l'acqua che viene giù come una valanga, a metà del passaggio la corrente creata dalla forza e dalla quantità impressionante d'acqua che viene giù ti toglie letteralmente il fiato e ti fa tremare, anche perchè naturalmente non c'è modo di non inzupparsi completamente, ma anche qui ne vale assolutamente la pena e uscire dall'altra parte e bagnarsi al lato (sennò ti si stacca la testa) di questo piccolo grande Salto è un'altra esperienza a cui le foto e i video non renderanno mai giustizia.
Purtroppo anche questa gita spettacolare e intensa giunge al termine e bisogna rientrare al campamento, non prima di ripercorrere, molto volentieri la ''strada'' dell'andata e riassaporare di nuovo la forza incontrastate e incontrastabile della potenza incontaminata della natura di queste zone entusiasmanti (e ammirare il Gordo!).
Tornati alla base, chiacchieriamo un pò con il nostro nuovo compagno di stanza per la notte, Jorge Sanz, viaggiatore solitario di Madrid e dopo aver cenato e bevuto una birretta in un tranquillo e suggestivo ''chiosco'' adiacente alla nostra posada insieme a Jorge, a Tony e ad una coppia di "circensi" francesi stanchi morti ma contenti di quanto sopra possiamo andare a chiudere gli occhi, che a dir la verità facciamo fatica a tenere aperti adesso.
Il terzo giorno qui a Canaima lo passiamo riposandoci a dispetto dell'intensità delle due giornate precedenti girovagando per il villaggio dei Pemòn, nel suo negozietto di artigianato locale e mangiando pollo locale da gente del pueblo, mai mangiati dei polli cosi saporiti e succulenti, una vera prelibatezza! Da leccarsi i baffi!
Relax sulla laguna |
La giornata va avanti cosi, girando qui e là, senza particolari colpi di scena, scattando foto e rilassandoci alla playa della laguna che è un posto davvero unico e idilliaco (vedi foto per credere).
La quarta ed ultima giornata per rientrare a Ciudad Bolivar è un vero disastro! Niente di particolare, ma basta dire che dovevamo partire alle 10 di mattina e siamo partiti con sei ore di ritardo a causa della rottura del carrello del nostro velivolo, una scusa in più per gustarci un altro polletto locale!
Alla fine, ci imbarcano su un altro aereoplano (senza nemmeno chiederci i passaporti) e con il pilota che gioca tranquillamente a solitario col suo cellulare arriviamo sani e salvi a destnazione dove ci aspetta Giovanni, il fratello di Carlos, che ci porta alla posada dove rimarremo altri 2-3 giorni per visitare la cittadina con calma ed organizzare la prossima avventura: Roraima.
Il giorno seguente, visto che la gita di questi quattro giorni alla fine è proceduta alla grande, a parte qualche piccolo imprevisto, decidiamo di organizzare l'escursione al Roraima sempre con Carlos che così ci ospita a gratisse fino al giorno della partenza previsto per mercoledi.
In mattinata conosciamo la nostra futura guida per scalare questo misterioso tepui, Frank, che ci spega un pò quello che andremo ad affrontare, ma questo è un capitolo a parte.
Cosi passiamo un paio di giorni a riposarci e girare per Ciudad Bolivar, una bellissima e coloratissima città coloniale, dove non succede nulla di avventuroso, anche perchè il posto non offre particolari attrazioni, ma è comunque bello e suggestivo girare per queste vie e palazzi pieni d'arte e storia che verso le sei al calar delle tenebre si svuotano misteriosamente trasformando il tutto di colpo in una surreale cittadina coloniale fantasma.
Ciudad Bolivar. Casco historico |
Inoltre visitiamo il fortin El Zamora e La Casa de Tejas, dove le rocce enormi la fanno da padrone.
El Fortìn |
E ora dopo ora, mentre qui alla posada c'è gente che va e che viene, giapponesi, tedeschi, americani e un italiano di Roma in cerca di un posto dove stabilizzarsi qui in Sud America, si avvicina sempre di più l'ora della partenza per San Francisco de Yuruani alla volta del Roraima...
Un coinquilino della posada |
Caffè!! |
Delta del rio Orinoco - 21 e 22 giugno 2011
Appuntamento alla trattoria del signor Giulio, dove abbiamo già cambiato molti eurini in bolivares e mangiato un'ottima pizza, per un caffè espresso e per incontrare Luìs, l'amico tassinaro, che ci accompagnerà al villaggio di Piacoa a bordo del suo Fiestino, che per fargli il pieno di benzina, ci dice, spende circa 3 euro!!! Qui in Venezuela la benzina costa meno dell'acqua, ma molto molto meno!! Diciamo che se non facesse male converrebbe bere la gasolina al posto dell'acqua per risparmiare... Viaggiamo per quasi due ore chiacchiarando con questo simpatico personaggio, attraversando tutta la città di Puerto Ordaz, la contigua San Felix e una cifra di barrios periferici.
Appena finisce il paesaggio cittadino la strada diventa una lingua d'asfalto attraverso la fitta foresta a margine del rio Orinoco, interrotta soltanto da minuscoli villaggi fatti di lamiera e pali di legno, galline e ragazzini che giocano per la strada in mutande.
Arriviamo a Piacoa verso le 8 e 30 del mattino. Abbiamo appuntamento con la signora Ninoska, che ci raggiunge alla posada la Montana, presa come punto di riferimento, e ci conduce al campamento gestito da lei e da suo marito Roger, un francese trapiantato nel delta dell'Orinoco da circa 40 anni.
Dopo aver conosciuto Roger, che ci spiega come è fatto il delta (si tratta di un'area grande più o meno come il Belgio fatta di grandi e piccoli canali. I grandi arrivano a una larghezza di circa 8 km e sono 36, mentre i più piccoli sono circa 2000).
In mattinata iniziamo subito a esplorare una piccola parte di questa immensa distesa d'acqua e foresta a bordo di una piccola lancia pilotata dall'aiutante di Roger, un ragazzetto di 18 anni, che compie gli anni nel mio stesso giorno (Daniele) cioè il 28 agosto, e che si fa chiamare Negro.
Lasciamo il villaggio di Piacoa per addentrarci in un canale e subito rimaniamo stupiti ed estasiati dalla vista che ci troviamo davanti: qui non c'è ombra di "civilizzazione" per migliaia di chilometri quadrati e gli alberi e gli animali la fanno da padrone.
Cominciamo subito ad avvistare aquile pescatrici, falchi, cormorani e aironi e ci fermiamo dopo una mezz'ora di navigazione in un punto dove si possono incontrare i delfini rosa e le tonine (delfini grigi).
Lo spettacolo offerto dai delfini è a dir poco entusiasmante, nell'arco di dieci minuti ci troviamo circondati da questi animali che cominciano a saltare fuori dall'acqua incuriositi dalla nostra presenza.
Proseguiamo il giro addentrandoci in un canale più piccolo dove incontriamo altri uccelli, su tutti un animale molto particolare: anche essendo dotato di ali come tutti gli altri uccelli e sebbene sia in grado di volare, questa bestia preferisce arrampicarsi sugli alberi utilizzando gli artigli che possiede sui "gomiti".
Il paesaggio è davvero spettacolare: acqua, alberi e affioramenti rocciosi si susseguono senza sosta.
Rientriamo a Piacoa per l'almuerzo dopo aver fatto un riposino proprio nei pressi di una roccia gigantesca che esce fuori dall'acqua imponente.
All'ora di pranzo troviamo ancora un'altra sorpresa: la signora Ninoska cucina divinamente!
Torniamo in acqua nel pomeriggio con il Negro e anche Roger, che passando all'azione diretta ricorda molto da vicino il Mr. Crocodile Dundee dei film, anche nell'abbigliamento!!
Anche la gita pomeridiana si rivela molto interessante, ci fermiamo a guardare un gruppo di scimmie dal pelo rosso che passa da un albero all'altro facendo attenzione a non cadere in acqua nonostante il Negro le prenda in giro dalla barca, e poi andiamo a vedere il punto dove il rio Orinoco cessa di essere un fiume e va a formare appunto il delta. Questo punto è davvero spettacolare, segnato da una roccia enorme sulla quale attracchiamo per scendere con i piedi "per terra". Tutto intorno soltanto acqua, e il fiume è talmente grande che sembra di essere in mare. Addirittura ci sono onde di continuo per la tempesta che si sta preparando...
Torniamo al campamento che è quasi buio, il cielo è nero e carico di pioggia e l'atmosfera si è fatta apocalittica...
La notte in questi luoghi è buia come la pece e per di più manca la corrente elettrica da una settimana, provate a immaginare un buio talmente buio che non vi permette vedere il proprio naso! Le stelle che si riescono a vedere sono impressionanti, mai visto uno spettacolo così... e facendo attenzione si riesce ad ammirare anche la Via Lattea!
Giusto il tempo di fare un giro con le torcie elettriche per contare i caimani sparsi tutt'intorno e via a nanna!
Nella notte si sentono soltanto i versi degli insetti. Fino a che, all'improvviso, cominciano a gridare le scimmie urlatrici! E' una senzazione indescrivibile, da pelle d'oca, svegliarsi nel cuore della notte e ascoltare in lontananza questi urli fortissimi che si rincorrono e fanno eco l'uno con l'altro...
Il giorno seguente sveglia presto, facciamo conoscenza con gli animali domestici del campamento (pappagalli e una specie di gufo stranissimo che scava tane sotterranee e ci vive dentro!) e di nuovo in barca con Roger e il Negro. Ce ne andiamo al Cano Grande, il più grande dei canali del delta (8 km di larghezza!!!) passando per un minuscolo villaggio chiamato Santa Catalina, il primo che incontriamo in almeno due ore di navigazione, dove assaggiamo una prelibatezza tipica: la tetta! Si tratta di un ghiacciolo fatto dentro una busta di plastica che si taglia in punta e si succhia proprio come una tetta, al gusto, molto particolare e a sentir Roger anche piuttosto raro perchè esistono pochi esemplari, di tamarindo! Una cosa spettacolare!
Attraversiamo anche una prateria galleggiante, una zona paludosa in cui sembra di poter scendere a terra tanto è fitta la vegetazione, ma se provi a metterci un piede ti ritrovi dentro l'acqua perchè di terra non c'è n'è proprio!
Prima di rientrare ci fermiamo ad ammirare la pianta più antica della zona, un albero di circa 300 anni che non entra nell'inquadratura della macchina fotografica tanto è grande e facciamo in tempo a prendere così tanta acqua che ci troviamo completamente inzuppati da testa a piedi e dobbiamo fermarci un attimo a strizzare i vestiti!
Per ultimo, dopo aver incontrato ancora altri animali (martin pescatore, aquila nera, airone, colibrì, scimmia cappuccino, picchio testarossa, corvo e non so quali altri...) ci fermiamo a sentire il profumo di un fiore bellissimo il cui albero produce dei frutti chiamati palle di cannone, vi lasciamo immaginare il perchè!
Torniamo ancora al campamento per un ultimo pasto in compagnia di Ninoska, che ci spiega le problematiche che esistevano fino a qualche mese fa con la guardia nacional lungo la strada per Santa Elena de Uairen, praticamente derubavano tutti i turisti di passaggio, e poi chiama un suo amico per accertarsi del miglioramento della situazione, sembra infatti che ci sia stato un profondo giro di vite per debellare questa mafietta...
Arriva a riprenderci Luìs, con il quale trascorriamo un fantastico pomeriggio in macchina, chiacchierando del Venezuela e fermandoci per una sosta ai Castillos de Guayana e poi alla diga di Puerto Ordaz, enorme, che da sola produce almeno la metà dell'energia consumata in tutto il paese.
Luìs si rivela un grande, portandoci a fare questi giri e dedicandoci tutto il pomeriggio senza farsi pagare se non la normale corsa in taxi.
Ci facciamo lasciare al terminal terreste, dove decidiamo in extremis di andare a Ciudad Bolivar anzichè Santa Elena, un pò per paura della guardia nacional, un pò per evitarci queste dodici ore di autobus dopo due giorni entusiasmanti ma anche molto stancanti.
Ormai è buio e la giornata volge al termine, siamo distrutti e bagnati ma anche molto felici e soddisfatti!
Insieme al mitico Giulio nella sua trattoria |
Potreste mai immaginare che queste piante bianche sono parassite? |
Affioramenti rocciosi nei canali |
Roger Mr. Crocodile Dundee Ruffenhach e il suo aiutante El Negro |
Picchio testarossa all'azione |
Daniele e Negro all'inizio del Delta |
Giuliano e Negro. Qui il rio Orinoco si divide in circa 2000 canali minori |
Juanito e Juanita |
Amanecer dal campamento |
Pacaro rojo tra gli alberi |
Breve sosta al villaggio di Santa Catalina |
Santa Catalina |
Paesaggio lagunare |
Sotto tutta quell'erba c'è solo acqua! |
Flor |
Fiore profumato |
Palla di cannone |
lunedì 27 giugno 2011
Parchi Cachamay e Loefling a Puerto Ordaz - 19/06/2011
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