Chiedendo in giro alle diverse agenzie turistiche scopriamo che l'escursione alla Ciudad Perdida, che avevamo in programma, ha un prezzo assurdo (circa 600.000 pesos, cioè qualcosa come 280 eurini!) e decidiamo quindi di abbandonarla, ci renderemo conto poi di aver fatto la scelta migliore...
Anche l'escursione al parque nacional Tayrona ha un costo decisamente elevato, così decidiamo di farcela da soli, chiedendo informazioni all'ufficio turistico veniamo a conoscenza di un sentiero ben segnalato e non troppo impegnativo che attraversa tutta la parte orientale del parco e così ci imbarchiamo di buon'ora con un autobus locale in partenza dal mercado cittadino.
Entriamo nel parco da El Zaìno, notando anche qua l'efficienza e cordialità del personale colombiano e facendo paragoni con i colleghi venezuelani: all'entrata ci danno un braccialetto (addirittura idrorepellente!) da conservare per tutto il soggiorno e un sacco di informazioni sulla storia dei Tayrona, antica popolazione locale tra le prime incontrate e distrutte dagli invasori spagnoli, e sul percorso che andremo ad affrontare.
Il primo tratto di strada è asfaltato, ma basta percorrere qualche centinaio di metri per trovarsi avvolti dalla foresta pluviale. In un'ora circa arriviamo al primo bivio, prendiamo a destra e ci lasciamo alle spalle la strada per un sentiero melmoso, umido e stretto, orlato da un vegetazione rigogliosa e a attraversato da farfalle multicolori (purtroppo le più belle, le morpho azzurre, pur essendo tantissime sono impossibili da fotografare a causa dei movimenti veloci e imprevedibili...), che ci conduce in poco più di mezz'ora alla prima spiaggia bianca, luogo sacro ai Tayrona per l'incontro di acque dolci e salate.
Acque dolci e acque salate |
C'è infatti, tra le enormi pietre disseminate sulla sabbia, un bellissimo braccio di laguna costiera, infestata da caimani... non faccio in tempo a leggere il cartello (non avvicinarsi alla sponda, coccodrilli!) che devo salvare Giuliano da un piccoletto che sta proprio lì a prendere il sole!
Caimani! |
Sprezzo del pericolo |
Il mare si infrange fragoroso sulle roccie e sulla sabbia a due metri dagli alberi imponenti e dalla scogliera che abbiamo di fianco. Nonostante i caimani la zona è veramente bellissima, peccato soltanto che non possiamo farci un bagno per colpa delle infide correnti che fanno fuori non so quante persone ogni anno.
Cuidado! |
Prima di tornare indietro al bivio per Arrecifes ci arrampichiamo su un antico osservatorio, dal quale si gode di un panorama clamoroso su un bel pezzo di costa e sulla Sierra Nevada de Santa Marta alle nostre spalle. Le montagne sono proprio a ridosso del mare, ammantate di foresta pluviale rigogliosa e impenetrabile che fa sembrare i monti delle immense onde verdi sotto il cielo azzurro.
Osservatorio Tayrona |
Guardando a sud |
E guardando a nord |
Riprendendo per Arrecifes incontriamo sul nostro cammino una famiglia di piccolissime scimmie che qua chiamano Mico Titi (le conoscevo col nome di mono aranha, scimmia ragno), che salta da un ramo all'altro osservando i nostri movimenti dieci metri più in basso. Come al solito la fortuna ci sorride!
Il cammino per Arrecifes è un lungo sentiero che sale e scende attraverso la foresta, percorriamo un cammino battuto dagli antichi abitanti di questa zona, a tratti lastricato in pietra, che in qualche modo ci fa sentire la continuità con queste persone che vivevano in simbiosi con quest'ambiente così difficile alcuni secoli fa. Camminare dentro la foresta, ascoltare i suoi suoni, osservare gli alberi immensi, tutti diversi l'uno dall'altro e sudare come bestie da soma a causa dell'aria satura di umidità è un'esperienza che consiglio caldamente. La foresta ti fa sentire piccolo piccolo di fronte alla sua maestosità e contemporaneamente ti riporta a un contatto con la natura, a un'attenzione per i movimenti impercettibili del fogliame che segnalano il passaggio di un animale, a un sentimento di unione col mondo che a volte si dimentica, come si dimentica spesso che in fondo è da luoghi come questo che tutti noi proveniamo. Sarebbe bene ricordarlo.
Simbiosi? |
Hormigas cortahojas |
Fitta selva |
Da Arrecifes e la sua lunga spiaggia (neanche qui è possibile tuffarsi...) il sentiero prosegue verso La Piscina e Cabo San Juan de la Guya. La foresta pluviale lascia il posto a un bosco secco costiero con una vegetazione totalmente diversa da quella che abbiamo attraversato finora, qui ci sono alberi molto più piccoli e bassi arbusti, con un paesaggio simile alla macchia mediterranea, in cui il verde del fogliame è interrotto soltanto dalle roccie e dalla sabbia bollente.
Playa di Arrecifes |
Un pò di relax |
Abitante della spiaggia |
Finalmente possiamo ritemprarci e bagnarci alla Piscina, che sinceramente non trovo così spettacolare come le spiaggie che abbiamo incontrato più indietro, ma tuffarsi nell'acqua limpida dopo questa sudata non ha prezzo!
Ancora bagnati proseguiamo verso Cabo San Juan, dove passeremo la notte in amaca (che ci costa molto di più di una stanza doppia in hotel con bagno privato).
Amache-dormitorio |
Il Cabo ha una bella spiaggia e una bella scogliera, ci sono palme da cocco ovunque per il tipico paesaggio da cartolina caraibica e un promontorio che si colora al tramonto.
Spiaggia a Cabo San Juan |
Da queste parti tutto è decisamente troppo costoso, anche l'acqua, così approfittiamo dei cocchi per dissetarci con il loro liquido e ce ne prepariamo una bottiglia anche per l'indomani...
Inutile dire che dopo questa camminata dormire in amaca in mezzo a decine di persone russanti è un pò come stare in un letto di suite d'albergo...
Il giorno seguente sveglia temprano e ci lasciamo alle spalle le spiaggie del Tayrona per addentrarci ancora di più nella selva e salire decisamente di quota, fino a Pueblito, antico abitato indigeno che conserva qualche terrazzamento, fondamenta e qualche tratto di strada lastricata.
Anche per quanto riguarda Pueblito, però, ciò che più è interessante è il cammino che si fa per raggiungerlo piuttosto che la meta.
Anche oggi attraversiamo la foresta arrampicandoci sulla Sierra Nevada percorrendo la stessa strada che i Tayrona battevano fino a 500 anni fa. E' decisamente impegnativa, non soltanto per la salita ma soprattutto per la discontinuità del percorso che è formato per lo più da grandi massi sui quali bisogna arrampicarsi e radici e alberi caduti che bisogna superare.
Dalla spiaggia impieghiamo circa due ore o poco più per giungere al Pueblito, due ore di cammino elettrizzante e una volta arrivati in cima la soddisfazione per aver compiuto l'impresa è tanta.
Anche oggi incontriamo bestie strane, come le lucertole nere dalla coda blu elettrica, ancora tante farfalle e un piccolo scorpione che ha rischiato di pungermi il culo!
Sentiero complicato |
Alberello |
Antico camminamento |
Scorpione |
Abitazione Tayrona ricostruita in situ |
Fondamenta |
Terrazzamento |
Visitiamo il villaggio velocemente (non c'è molto da vedere, bisogna lavorare di fantasia) e, dopo qualche esitazione, proseguiamo per l'ultimo tratto di cammino, che ci porterà a Calabazo, sulla strada costiera per Santa Marta. Esitazione dovuta più che altro al fatto che il sentiero potrebbe essere poco battuto e quindi poco chiaro, ma fortunatamente incontriamo una guida con altri due ragazzi che ci dice di prendere sempre a sinistra a ogni bivio.
Anche la strada per Calabazo attraversa la foresta quindi il caldo (e di conseguenza il sudore) si fa sentire subito, non abbiamo più acqua così decidiamo di fare tutta una tirata senza soste.
Ci fermiamo qualche istante solo verso la fine del percorso, una volta per andare a curiosare in un accampamento indigeno, dove troviamo sotto una capanna una famiglia che indossa i bianchi costumi tradizionali (gli uomini portano anche i curiosi copricapo che ho visto nei libri di storia...) e poi ancora quando ci imbattiamo in una cascatella che porta abbastanza acqua da permetterci di rinfrescarci un pò.
Purtroppo mancano le fotografie perchè la batteria della fotocamera si è esaurita... come già detto in precedenza in questi casi bisogna usare l'immaginazione!
Nel primo pomeriggio arriviamo alla strada principale, stanchi e stralunati ma contenti, prendiamo un bus e in mezz'ora siamo di nuovo a Santa Marta, di nuovo dentro la civiltà contemporanea a bere litri di limonata e succhi di frutta, almeno un paio di chichas e qualche sacchetto d'acqua (perchè il modo che va per la maggiore di consumare acqua qui è in sacchetti di plastica!).
Tornando in albergo, poi, affrontiamo un'altra esperienza da non mancare per nessun motivo al mondo: il furto delle scarpe da trekking!
Porco giuda, distratti dalla stanchezza, per errore entriamo in una calle in cui non si dovrebbe entrare, e nonostante torniamo subito sui nostri passi, tempo di fare cento metri e mi sento muovere lo zaino (di solito quando non c'è spazio lego le scarpe allo zaino per i lacci), mi giro e ti trovo sto ragazzino che corre via con le mie scarpe in mano, dopo aver tagliato i lacci... Hai voglia a gridargli dietro "a fio de na mignotta!!".
Insomma due giorni decisamente interessanti, conditi da questo gran finale che invece di farmi incazzare mi fa sorridere e mi ricorda, soprattutto, che bisogna prestare sempre attenzione a dove si mettono i piedi!