domenica 31 luglio 2011

Parque Nacional Tayrona - 17/18 luglio 011

Santa Marta è il punto di partenza di alcune escursioni interessanti nei dintorni, la città è sovrastata dalla Sierra Nevada, la catena costiera più alta del mondo, la foresta lambisce le spiaggie e ci sono alcuni siti archeologici appartenenti alla civiltà Tayrona, una delle più avanzate della Colombia e una delle prime incontrate dagli spagnoli. Le loro tecniche di lavorazione dell'oro e la quantità incredibile di oggetti lavorati ispirò negli invasori il mito dell'Eldorado, fantomatico regno dorato che cercarono senza sosta per un secolo e più, calpestando e distruggendo le civiltà autoctone.

Chiedendo in giro alle diverse agenzie turistiche scopriamo che l'escursione alla Ciudad Perdida, che avevamo in programma, ha un prezzo assurdo (circa 600.000 pesos, cioè qualcosa come 280 eurini!) e decidiamo quindi di abbandonarla, ci renderemo conto poi di aver fatto la scelta migliore...

Anche l'escursione al parque nacional Tayrona ha un costo decisamente elevato, così decidiamo di farcela da soli, chiedendo informazioni all'ufficio turistico veniamo a conoscenza di un sentiero ben segnalato e non troppo impegnativo che attraversa tutta la parte orientale del parco e così ci imbarchiamo di buon'ora con un autobus locale in partenza dal mercado cittadino.

Entriamo nel parco da El Zaìno, notando anche qua l'efficienza e cordialità del personale colombiano e facendo paragoni con i  colleghi venezuelani: all'entrata ci danno un braccialetto (addirittura idrorepellente!) da conservare per tutto il soggiorno e un sacco di informazioni sulla storia dei Tayrona, antica popolazione locale tra le prime incontrate e distrutte dagli invasori spagnoli, e sul percorso che andremo ad affrontare.



Il primo tratto di strada è asfaltato, ma basta percorrere qualche centinaio di metri per trovarsi avvolti dalla foresta pluviale. In un'ora circa arriviamo al primo bivio, prendiamo a destra e ci lasciamo alle spalle la strada per un sentiero melmoso, umido e stretto, orlato da un vegetazione rigogliosa e a attraversato da farfalle multicolori (purtroppo le più belle, le morpho azzurre, pur essendo tantissime sono impossibili da fotografare a causa dei movimenti veloci e imprevedibili...), che ci conduce in poco più di mezz'ora alla prima spiaggia bianca, luogo sacro ai Tayrona per l'incontro di acque dolci e salate.






Acque dolci e acque salate


C'è infatti, tra le enormi pietre disseminate sulla sabbia, un bellissimo braccio di laguna costiera, infestata da caimani... non faccio in tempo a leggere il cartello (non avvicinarsi alla sponda, coccodrilli!) che devo salvare Giuliano da un piccoletto che sta proprio lì a prendere il sole!

Caimani!

Sprezzo del pericolo


Il mare si infrange fragoroso sulle roccie e sulla sabbia a due metri dagli alberi imponenti e dalla scogliera che abbiamo di fianco. Nonostante i caimani la zona è veramente bellissima, peccato soltanto che non possiamo farci un bagno per colpa delle  infide correnti che fanno fuori non so quante persone ogni anno.

Cuidado!


Prima di tornare indietro al bivio per Arrecifes ci arrampichiamo su un antico osservatorio, dal quale si gode di un panorama  clamoroso su un bel pezzo di costa e sulla Sierra Nevada de Santa Marta alle nostre spalle. Le montagne sono proprio a ridosso del mare, ammantate di foresta pluviale rigogliosa e impenetrabile che fa sembrare i monti delle immense onde verdi sotto il cielo azzurro.

Osservatorio Tayrona


Guardando a sud

E guardando a nord

Riprendendo per Arrecifes incontriamo sul nostro cammino una famiglia di piccolissime scimmie che qua chiamano Mico Titi (le  conoscevo col nome di mono aranha, scimmia ragno), che salta da un ramo all'altro osservando i nostri movimenti dieci metri più in basso. Come al solito la fortuna ci sorride!

Il cammino per Arrecifes è un lungo sentiero che sale e scende attraverso la foresta, percorriamo un cammino battuto dagli antichi abitanti di questa zona, a tratti lastricato in pietra, che in qualche modo ci fa sentire la continuità con queste persone che vivevano in simbiosi con quest'ambiente così difficile alcuni secoli fa. Camminare dentro la foresta, ascoltare i  suoi suoni, osservare gli alberi immensi, tutti diversi l'uno dall'altro e sudare come bestie da soma a causa dell'aria satura di umidità è un'esperienza che consiglio caldamente. La foresta ti fa sentire piccolo piccolo di fronte alla sua maestosità e contemporaneamente ti riporta a un contatto con la natura, a un'attenzione per i movimenti impercettibili del fogliame che segnalano il passaggio di un animale, a un sentimento di unione col mondo che a volte si dimentica, come si dimentica spesso che in fondo è da luoghi come questo che tutti noi proveniamo. Sarebbe bene ricordarlo.

Simbiosi?


Hormigas cortahojas

Fitta selva

Da Arrecifes e la sua lunga spiaggia (neanche qui è possibile tuffarsi...) il sentiero prosegue verso La Piscina e Cabo San Juan de la Guya. La foresta pluviale lascia il posto a un bosco secco costiero con una vegetazione totalmente diversa da quella che abbiamo attraversato finora, qui ci sono alberi molto più piccoli e bassi arbusti, con un paesaggio simile alla macchia mediterranea, in cui il verde del fogliame è interrotto soltanto dalle roccie e dalla sabbia bollente.




Playa di Arrecifes

Un pò di relax

Abitante della spiaggia

Finalmente possiamo ritemprarci e bagnarci alla Piscina, che sinceramente non trovo così spettacolare come le spiaggie che abbiamo incontrato più indietro, ma tuffarsi nell'acqua limpida dopo questa sudata non ha prezzo!
Ancora bagnati proseguiamo verso Cabo San Juan, dove passeremo la notte in amaca (che ci costa molto di più di una stanza doppia in hotel con bagno privato).



Amache-dormitorio


Il Cabo ha una bella spiaggia e una bella scogliera, ci sono palme da cocco ovunque per il tipico paesaggio da cartolina caraibica e un promontorio che si colora al tramonto.





Spiaggia a Cabo San Juan







Da queste parti tutto è decisamente troppo costoso, anche l'acqua, così approfittiamo dei cocchi per dissetarci con il loro liquido e ce ne prepariamo una bottiglia anche per l'indomani...

Inutile dire che dopo questa camminata dormire in amaca in mezzo a decine di persone russanti è un pò come stare in un letto di suite d'albergo...



Il giorno seguente sveglia temprano e ci lasciamo alle spalle le spiaggie del Tayrona per addentrarci ancora di più nella selva e salire decisamente di quota, fino a Pueblito, antico abitato indigeno che conserva qualche terrazzamento, fondamenta e qualche tratto di strada lastricata.
Anche per quanto riguarda Pueblito, però, ciò che più è interessante è il cammino che si fa per raggiungerlo piuttosto che la  meta.





Anche oggi attraversiamo la foresta arrampicandoci sulla Sierra Nevada percorrendo la stessa strada che i Tayrona battevano fino a 500 anni fa. E' decisamente impegnativa, non soltanto per la salita ma soprattutto per la discontinuità del percorso che è formato per lo più da grandi massi sui quali bisogna arrampicarsi e radici e alberi caduti che bisogna superare.
Dalla spiaggia impieghiamo circa due ore o poco più per giungere al Pueblito, due ore di cammino elettrizzante e una volta arrivati in cima la soddisfazione per aver compiuto l'impresa è tanta.
Anche oggi incontriamo bestie strane, come le lucertole nere dalla coda blu elettrica, ancora tante farfalle e un piccolo scorpione che ha rischiato di pungermi il culo!


Sentiero complicato


Alberello

Antico camminamento



Scorpione

Abitazione Tayrona ricostruita in situ

Fondamenta

Terrazzamento


Visitiamo il villaggio velocemente (non c'è molto da vedere, bisogna lavorare di fantasia) e, dopo qualche esitazione, proseguiamo per l'ultimo tratto di cammino, che ci porterà a Calabazo, sulla strada costiera per Santa Marta. Esitazione dovuta più che altro al fatto che il sentiero potrebbe essere poco battuto e quindi poco chiaro, ma fortunatamente incontriamo una guida con altri due ragazzi che ci dice di prendere sempre a sinistra a ogni bivio.

Anche la strada per Calabazo attraversa la foresta quindi il caldo (e di conseguenza il sudore) si fa sentire subito, non abbiamo più acqua così decidiamo di fare tutta una tirata senza soste.
Ci fermiamo qualche istante solo verso la fine del percorso, una volta per andare a curiosare in un accampamento indigeno, dove troviamo sotto una capanna una famiglia che indossa i bianchi costumi tradizionali (gli uomini portano anche i curiosi copricapo che ho visto nei libri di storia...) e poi ancora quando ci imbattiamo in una cascatella che porta abbastanza acqua  da permetterci di rinfrescarci un pò.
Purtroppo mancano le fotografie perchè la batteria della fotocamera si è esaurita... come già detto in precedenza in questi casi bisogna usare l'immaginazione!

Nel primo pomeriggio arriviamo alla strada principale, stanchi e stralunati ma contenti, prendiamo un bus e in mezz'ora siamo  di nuovo a Santa Marta, di nuovo dentro la civiltà contemporanea a bere litri di limonata e succhi di frutta, almeno un paio  di chichas e qualche sacchetto d'acqua (perchè il modo che va per la maggiore di consumare acqua qui è in sacchetti di plastica!).

Tornando in albergo, poi, affrontiamo un'altra esperienza da non mancare per nessun motivo al mondo: il furto delle scarpe da  trekking!
Porco giuda, distratti dalla stanchezza, per errore entriamo in una calle in cui non si dovrebbe entrare, e nonostante torniamo subito sui nostri passi, tempo di fare cento metri e mi sento muovere lo zaino (di solito quando non c'è spazio lego le scarpe allo zaino per i lacci), mi giro e ti trovo sto ragazzino che corre via con le mie scarpe in mano, dopo aver tagliato i lacci... Hai voglia a gridargli dietro "a fio de na mignotta!!".

Insomma due giorni decisamente interessanti, conditi da questo gran finale che invece di farmi incazzare mi fa sorridere e mi ricorda, soprattutto, che bisogna prestare sempre attenzione a dove si mettono i piedi!

Colombia! Da Maracaibo a Santa Marta con qualche peripezia

15 luglio

Dopo la sosta di una sola notte a Maracaibo, che non ci attrae particolarmente, ci tiriamo su dal letto di buon'ora per affrontare il viaggio che ci porterà a valicare il confine ed entrare quindi in Colombia.
I timori legati alla zona di confine, di cui ci aveva raccontato Maurizio prima di partire (guardie corrotte e guerriglieri infestanti), fortunatamente si rivelano appartenere al recente passato delle due nazioni confinanti, da almeno due - tre anni  la situazione è cambiata radicalmente e quella che era una zona pericolosissima e da evitare a ogni costo è diventata una specie di passeggiata di salute nonostante i rapporti tra Venezuela e Colombia non siano del tutto idilliaci.

Insomma, dopo esserci concessi l'ultima colazione venezuelana al mercato sotto l'albergo (adoro il succo di guayaba!) ci prendiamo 'sto taxi per il terminàl (condito da interessante conversazione col tassista), dove non facciamo in tempo ad arrivare che troviamo un por puestos a cui mancano giusti giusti due passeggeri per partire.
Tempo 10 minuti e la vecchia (ma forse sarebbe meglio definirla antica) chevrolet si avvia con a bordo Giuliano, me, un ragazzo e due signore tutti e tre colombiani.



Il percorso è interessante: attraversiamo un ambiente lagunare (laguna di Sinamaica), condito da pueblitos, baracche, chioschetti diroccati, ma soprattutto posti di blocco della policia e della guardia nacional.

Naturalmente veniamo fermati a tutti i posti di blocco... mi pare 6 in totale (ma potrei aver perso il conto).
Perlopiù tutto si risolve in una veloce occhiata al cofano del coche e un'occhiata ai documenti, che i passeggeri colombiani mostrano addirittura senza consegnarli alle guardie, mentre per noi stranieri con passaporto il problema principale è il controllo del visto di entrata nel paese, in quanto potremmo essere clandestini in fuga (!).
Mi pare di capire che la maggior parte dei funzionari che incontriamo non è molto ferrata in passaporti, infatti quasi tutti ci chiedono perchè non abbiamo il timbro di entrata nel paese, salvo augurarci buona sorte e buon proseguimento quando gli mostriamo il sello un paio di pagine più avanti.

L'unico inconveniente che troviamo è uno schifoso pezzo di merda in divisa nera (credo policia regional) che si chiama J. Sanz, il quale pensa bene di arrotondare lo stipendio estorcendo qualche bolivar agli stranieri, porca vacca all'ultimo posto di blocco! Ancora pochi chilometri e sarebbe andata liscia come l'olio... Per fortuna ci avevano avvertito e quindi non  ci facciamo impressionare più di tanto dalla guardia che, controllando i nostri passaporti, si inventa che non è possibile lasciare il paese via terra perchè siamo arrivati in aereo e quindi siamo costretti a tornare indietro a Maracaibo o a Caracas e prendere un volo internazionale... li mortacci tua almeno te potevì inventà una cazzata un pò più credibile!

Cerchiamo di fare un pò i vaghi rispondendogli che non capiamo bene lo spagnolo ma non c'è niente da fare, il tizio si fa seguire dentro la casetta delle guardie, dove peraltro ce ne sono altre che sanno bene quello che sta facendo el senor Sanz ma se ne fottono altamente.
Una volta "in intimità" senza nemmeno ripeterci per quale motivo secondo lui "siamo nei guai" ci rivela di essere disposto a far finta di non aver visto niente, e così ci tocca sborsare un centinaio di bolivar per evitare ulteriori rotture di scatole, il che ci fa anche un pò sorridere perchè stavamo appunto discutendo su cosa fare con gli ultimi soldi venezuelani... così il problema non si pone.

Superato questo piccolo ostacolo arriviamo dopo pochi minuti a Paraguachon, piccola e trasandata località dove si deve passare per la dogana a farsi apporre sul passaporto il timbro di uscita dal paese e, poche centinaia di metri più avanti, passare per la dogana colombiana a farsi timbrare il passaporto in entrata. Questo però io e Giuliano non lo sappiamo e ci limitiamo a chiudere il rapporto con il Venezuela e proseguire con il por puestos verso Maicao, la prima cittadina colombiana sulla strada, punto di partenza per raggiungere la costa caraibica, tranquilli delle rassicurazioni del conducente che ci dice che l'ufficio del DAS (la dogana appunto) si trova vicino al terminàl di Maicao.

Hasta luego Venezuela

Così arriviamo al terminàl e schiviamo tutti gli assalti dei venditori di biglietti di autobus rispondendo che prima dobbiamo  andare a regolarizzare le nostre posizioni di immigrati. In effetti a duecento metri dalla stazione c'è un DAS, ma non è qui che si espletano le formalità di ingresso nel paese...
Fortunatamente da questo lato della frontiera troviamo una guardia decisamente amichevole che ci spiega che dobbiamo tornare a Paraguachon perchè soltanto lì possiamo richiedere il visto.

Porca troia che giornata! E proprio in questo momento comincia anche a piovere!
Vabbè non lasciamoci scoraggiare, le cose facili non ci piacciono!
Torniamo al terminàl, cambiamo un centinaio d'euro in pesos colombiani a un tasso criminale e ci tocca prima arrivare alla piazza del paese e da qui prendere un taxi colectivo (perchè una normale corsa in taxi ci costerebbe una cifra spropositata) per tornare al posto di frontiera.
Per fortuna troviamo un tizio molto disponibile che ci custodisce gli zaini dentro il suo ufficio nel terminàl, prendiamo sto taxi e via, tornare indietro fino a Paraguachon.

Qui ce la caviamo in 5 minuti, per la prima volta vedo come si utilizza il passaporto elettronico e ci controllano anche l'impronta digitale dopo una breve intervista sulla nostra occupazione in Italia e il motivo del viaggio. Inutile dire che rimaniamo stupiti da tanta efficienza!

Sistemata questa cosetta abbiamo un pò di tempo per guardarci intorno nell'attesa che il colectivo sia pieno (altrimenti non riparte). Ci troviamo in una cittadina polverosa e sporca, che sembra uscita da un film di Sergio Leone, piena di zozzissime bancarelle, cambiavalute clandestini e una varietà di gente dal campesino che aiuta la mula a tirare il carretto in mezzo alla strada sassosa al signore attempato che finisce la sua sopita prima di riprendere il cammino.
Tutto intorno a perdita d'occhio foresta.

Paesaggio di frontiera

Al momento di ripartire ci troviamo con un passeggero in più e il nostro autista ci manda con un altro colectivo (una 2 cavalli!!) nel quale in extremis si infilano anche due signori che si stringono nell'unico posto davanti, così viaggiamo in 6  e uno di loro è costretto a tenere un braccio fuori del finestrino per tenere la portiera chiusa...

Tornati a Maicao finalmente recuperiamo gli zaini e compriamo due biglietti per l'autobus in imminente partenza hasta Santa Marta.
Manco a dirlo, al momento di salire sull'autobus (in extremis perchè sta proprio partendo) notiamo con sgomento che non c'è posto a sedere, neanche tra i bagagli sparsi sul pavimento! Chiedendoci che cazzo abbiamo fatto per meritare una giornata del genere sbraitiamo un pò con il conducente, scendendo insieme a lui per tornare all'oficina per farci rimborsare il biglietto.
Il bello è che l'impiegata non si fa problemi più di tanto, limitandosi a dire: ah si? non c'è posto? vabbè. E ci ridà i 50.000 pesos... ricordandomi improvvisamente che non siamo soltanto in Sud America ma anche molto vicini alla costa caraibica e quindi trovare qualcuno che si scompone è come vincere alla lotteria di capodanno!

La fortuna continua a darci una mano, però, nonostante gli inconvenienti, infatti troviamo subito un'altra partenza per Santa  Marta allo stesso prezzo e su un autobus decisamente più confortevole e spazioso, alla faccia vostra!
Riusciamo ad arrivare a Santa Marta verso sera, non prima però di aver saggiato che anche qui la policia non scherza, infatti quando il bus viene fermato devono scendere tutti i passeggeri per far salire le guardie a controllare.

Santa Marta è un buon approccio con la Colombia, che appare subito molto differente dal Venezuela. Per prima cosa nonostante arriviamo che è già buio troviamo parecchia gente per la strada. E soprattutto ci sono bar aperti insieme a qualche tienda e tanta musica! Ci voleva proprio dopo il mese trascorso nella repubblica bolivariana, dove al tramonto quasi tutte le città diventano macabre e spaventevoli, si svuotano di qualsiasi attività ed escono gli zombi!
Ci troviamo una camera constatando che i costi non sono così bassi come ci aspettavamo e andiamo a mangiare una cosa dopo quasi dodici ore trascorse dalla colazione con una fame da mal di stomaco.
Dopo cena andiamo a farci un giro e troviamo addirittura una festa sul lungomare con musica a tutto volume e tutti i locali aperti e illuminati, cosa che ci voleva proprio!

Santa Marta è piena di turisti e quindi anche di operatori turistici, che a dire il vero si accollano parecchio, niente però in confronto a quello che incontreremo a Cartagena.
Addirittura c'è qualcuno che offre cocaina e marijuana per la strada!

Ad ogni modo, siamo stanchi in maniera inconcepibile e ce ne andiamo a letto, la giornata è stata a dir poco movimentata e il sonno si fa sentire, nonostante la musica che si insinua in camera e gli schiamazzi ci mettiamo pochi secondi a cadere addormentati...

Il mattino seguente per prima cosa cambiamo sistemazione, avendone trovata una decisamente più economica cento metri più in là, poi cominciamo a girare per la città, che pur non offrendo niente di particolare ha un fascino tutto suo, creato dagli edifici coloniali decadenti, da un lungo malecòn sul mare pieno di bancarelle, gelatai e venditori di chicha,  spiaggie affollate e musica a profusione che viene sparata fuori da ogni bar o tienda che incontriamo sul cammino.

L'approccio con la Colombia è decisamente positivo, gironzoliamo senza meta particolare per tutto il centro, attraversiamo il mercato, assaggiamo le bevande anticalura come l'avena, la limonata, il tuttifrutti o la chicha e anche il primo ceviche del viaggio, che da queste parti si prepara prevalentemente con camarones (gamberetti), pulpo e caracoles (lumache di mare) condite con una salsa  a base di limone, ketchup, maionese e chissà cos'altro. E' molto diverso dal ceviche a cui ero abituato ma devo dire che è un piacevole spuntino anche questo!

Insomma, l'atmosfera è festante, il sole splende, il cibo è buono, la gente è bella a vedersi e a parlarci. Mi sa che questa Colombia ci riserverà piacevoli sorprese!


Lungomare di Santa Marta e carretto di chicha

Ancora il malecon

Ceviche alla colombiana





El Libertador Simon Bolivar morì a Santa Marta


Oro Tayrona, gli antichi abitanti della costa



Oro Tayrona


Manufatti Tayrona

Strade di Santa Marta





Passeggiata notturna