lunedì 29 agosto 2011

Villa de Leyva - 29/31 luglio (Daniele)

Divisi per un paio di giorni.

Dopo la visita a San Gil e dintorni, Mr. Giuliacci decide di seguire il cuore e visto che è venerdì e il fine settimana non si lavora, invece di scendere dal bus a Chiquinquirà prosegue direttamente per Bogotà per andare a trovare Maria Fernanda.

Così a Chiquinquirà scendo da solo e mi prendo un piccolo bus verso Villa de Leyva, cittadina coloniale immersa nella campagna andina nel dipartimento di Boyacà, dove arrivo nel tardo pomeriggio dopo aver cambiato mezzo a Sachica (insomma per arrivarci m'è toccato prendere un bus, una buseta e pure un taxi).

Già dalla buseta si gode di una vista sulle montagne e le vallate sottostanti che definire hermosa è poco, e infatti Villa non tradisce le aspettative.


Il pueblo è come sospeso nel tempo, con i suoi edifici risalenti al periodo coloniale e le strade fatte di ciottoli, la sua immensa piazza centrale (forse la più grande della Colombia) e i maestosi cerros che la circondano coperti di rigogliosa vegetazione d'alta quota.

Per prima cosa mi vado a cercare una sistemazione per la notte, che trovo nella Renacer Guesthouse, splendido ostello un pò fuori dal pueblo, immerso nel verde e nella natura, e che rappresenta lo sdoganamento delle notti in camerata, evitate come la peste fino a questo momento, ma bisogna fare di necessità virtù e limitare le spese...
Renacer Guesthouse


Panorama dall'ostello

Me ne vado subito in paese percorrendo il sentiero sterrato che offre una splendida vista dei tetti di tegole e dei monti circostanti e passa accanto un presidio militare con tanto di sentinella dotata di megafucile e trincee che fanno un pò sorridere. Nonostante la presenza dell'esercito nel paese sia non indifferente (evidentemente la guerriglia ancora fa paura nonostante Uribe...) trovare i militari in questo posto mi fa parecchio "strano". I pischelli in tuta mimetica non vedono l'ora di incontrare qualche straniero per scambiare qualche parola e un saluto...


Villa de Leyva


Incastonata nella cordillera oriental


Gironzolo un pò per il pueblo affascinato dai colori e dalle persone in poncho e cappello a falda, un pò di spesa per i prossimi giorni (l'ostello ha una bella cucina) e un polletto asado per placare la fame dopo il viaggio, anche se i dolori allo stomaco e la pancia continuano a farsi sentire (e lo faranno per qualche giorno ancora).





Plaza mayor




Il giorno seguente è dia de mercado, per cui prima di avventurarmi in un'escursione naturalistico-archeologica, vado a dare un'occhiata al piazzale ricolmo di banchi di frutta, carni e verdure, bancarelle che propongono le specialità boyacensi e venditori d'artesania locale.
Mi piace frequentare i mercati, consentono di osservare e conoscere tanti particolari che altrimenti sfuggirebbero al turista.



Frutti multicolore, zuppe fumanti, chicharrones. Ponchos e cappelli di lana. Sacchi di galline e pulcini vivi. Scarpe usate, impermeabili di gomma, orologi. Souvenir di legno, minerali e piccoli fossili.
Uomini e donne che ripetono a tutti la stessa frase: "a la orden!". Ragazzini che aiutano le mamme a servire la colazione. Ragazzini che sfuggono alle mamme che insistono per essere aiutate a servire la colazione. Uomini con maglioni pesanti e fucili che vendono selvaggina. Boyacensi che fanno la spesa cercando di spuntare un buon prezzo.


Guanabana gigante in primo piano




Faccio colazione con chicharrones (pezzi di maiale fritto, stavolta nello strutto...), mais tostado e tinto, dopodichè me ne vado verso il terminàl per trovare un mezzo che mi porti vicino a El Infiernito, un sito archeologico muisca, che ho preso come punto di partenza per l'escursione odierna.


Cucina all'aperto


Ci vuole un pò per capire quale è il mezzo di trasporto giusto, ma dopo un pò d'attesa e dopo essere salito erroneamente su un 4x4 ed essere sceso proprio mentre stava partendo trovo la buseta giusta, diretta verso un pueblo poco lontano, che mi lascia sulla strada principale vicino all'incrocio con la sterrata che porta a Infiernito.
Una bella passeggiata nei campi pieni di pecore e contadini (e le Ande ammantate di nubi come sfondo) e arrivo alla Stonehenge colombiana (mai paragone fu più azzardato!).

El Infiernito è un luogo sacro degli antichi Muisca, popolo che abitò la cordigliera orientale prima dell'arrivo degli invasori spagnoli, composto da un osservatorio-orologio solare, alcune tombe e soprattutto una ventina di monoliti che servivano a celebrare la fertilità, sia della terra che degli esseri umani. E' proprio questa la zona più interessante, tutte le statue, alcune sono alte 3 metri, hanno la forma (non le dimensioni!!) di piselli umani!
Proprio perchè sacro ai nativi, gli spagnoli misero in giro la voce che fosse frequentato dal diavolo, da qui il toponimo odierno Infiernito...

L'osservatorio Muisca


Ipogeo principale


Sentiero fallico



Gironzolo un pò tra questi cazzoni (un cazzone tra i cazzoni, mi viene da pensare e da sorridere...), poi di nuovo prendo il sentiero sterrato per tornare sulla strada principale e andare a El Fosìl.
Fortunatamente incontro proprio all'incrocio con la carretera una famigliola, padre madre e figlioletto, che si sono persi alla ricerca di un allevamento di struzzi (!!) e mi chiedono indicazioni. Casualmente so dove si trova perchè ci sono passato davanti con l'autobus e gli mostro la strada sulla mappa che mi hanno regalato in ostello. E colgo anche l'occasione per farmi dare un passaggio visto che vanno nella mia stessa direzione.

Ancora più casualmente scopro che questo mal di pancia che mi perseguita da qualche giorno e che mi sta togliendo la voglia e l'apprezzamento per il cibo è dovuto con buone probabilità a un batterio parassita e quindi dovrò fare una cura altrimenti non se ne andrà mai. La signora, non contenta di avermi dato un passaggio, mi offre pure un mandarino che però rifiuto spiegandole che è acido e che ho una gastrite da far paura. "Io sono un medico" mi dice, così le spiego i sintomi e lei mi fa una diagnosi al volo e mi lascia anche una lista di medicinali da comprare per risolvere il problema... Naturalmente prima di prendere qualsiasi farmaco andrò a farmi visitare, però credo che se non l'avessi incontrata starei ancora bestemmiando chiedendomi perchè sta cavolo di cacarella dura così tanto!!

Mi faccio lasciare nei pressi dell'entrata a El Fosìl, ringraziando con calore queste persone tanto gentili, ed entro nel piccolo museo che è stato costruito intorno al fossile grandissimo di un plesiosauro che non è stato spostato dal luogo del ritrovamento. E' stato necessario costruire una protezione dalle intemperie e dal sole che è diventato appunto il museo de El Fosìl, pieno zeppo di fossili di tutte le ere in cui queste terre si trovavano da tutt'altra parte, sotto centinaia di metri di mare.
La quantità di fossili rinvenuta da queste parti è impressionante, ci sono addirittura dei ragazzini che si incontrano spesso per strada che vendono piccole ammoniti che vanno a cercare tra le roccie...

Amonites


Fossile di plesiosauro. Il museo gli è stato costruito intorno

Jurassic park!


Dal fossile scendo ancora in direzione Villa de Leyva fino ai Pozos Azules, pozze d'acqua di un colore azzurro intenso ai piedi di una bella vallata.






Per ultimo, non volendo (stavo cercando la casa de barrio, senza successo) mi imbatto in un ritrovo di cristiani-evangelici che stanno cominciando una riunione. Andare via senza aver offeso nessuno e senza aver permesso di "aprirmi le porte al signore e al paradiso" è stato un mio piccolo capolavoro...

Torno a Villa che è ormai pomeriggio inoltrato, trovo giusto il tempo di tornare al mercato e prendere un paio di immensi avocadi e un sacchetto di uchuwa (alchechengi) dagli ultimi banchi rimasti prima di tornare stremato alla Renacer Guesthouse, dove mi preparo una bella cenetta con pasta ai peperoni e insalata di avocado per secondo.

Papaya "hawaiiana". Piccola, succosa e dolce.



Il giorno seguente, nonostante i dolori di pancia notturni, decido di andare a La Periquera, una riserva boscosa caratterizzata da una serie di sette cascate una dietro l'altra, e ci vado in bicicletta.
Arrivo in cima (sono 12 km tutti in salita, manco al Giro d'Italia...) con il cuore in gola, ma il posto merita proprio un bell'applauso.

Innanzitutto invece di scendere per il sentiero mi butto giù per la scarpata in canopy, che è una carrucola appesa a una corda che ti fa scendere di un centinaio di metri in dieci secondi sospeso nel vuoto, poi c'è una bella passeggiata di un paio d'ore nel bosco che segue il corso del fiume che scende impetuoso formando le cascate. Spettacolo.







E se l'andata è tutta salita il ritorno è tutta discesa!
Sfreccio giù dalle colline fermandomi soltanto per fare qualche foto e per spingere la bici quando incontro una salitella sporadica che non c'ho più voglia di pedalare, arrivando a Villa nel tardo pomeriggio giusto per fare una chiamata a Giuliano (tramite il telefono di M. Fernanda) per avvertirlo che domani sarò a Bogotà all'ora di pranzo.

 

L'indomani, primo di agosto, mi lascio alle spalle i boschi e le vallate intorno a Villa de Leyva, che resteranno per sempre vividi nei miei ricordi. Anche a voi: arrivederci...


domenica 28 agosto 2011

Dalla penisola de La Guajira a San Gil - Barichara - Guane (25/28 luglio)

Dopo i due giorni trascorsi all'estremo nord del continente sudamericano lasciamo la costa caraibica per dirigerci verso il cuore del paese, destinazione San Gil.

Da Cabo de la Vela effettuiamo il percorso inverso dell'andata (non ci sono altre vie o mezzi di trasporto):

Cabo de la Vela - Uribia
mezzo: 4x4
tempo: 1 ora e mezza circa
note: il tempo di percorrenza di solito è poco meno di tre ore, ma l'autista se l'è fatta tutta a ciavatta!

Uribia - Rioacha
mezzo: por puestos
tempo: quasi 2 ore
note: sia io che Daniele abbiamo dormito quasi tutto il tempo con la bocca aperta e la bavetta, causa alzataccia alle 4 di stamane!

A Rioacha facciamo colazione e approfittiamo dei bagni del centro commerciale (sono arrivati anche qui!!!) prima di dirigerci al terminal per acquistare i biglietti del prossimo bus, ma visto che non esiste un diretto per San Gil, siamo costretti a prendere quello per Bucaramanga e da qui una ulteriore buseta per la nostra destinazione e come se non bastasse la partenza è prevista per le 15 e cosi restiamo inchiodati per qualche ora tra il terminal e il vicino lungomare dove compriamo qualche braccialetto e beviamo qualcosa di fresco dai numerosi venditori ambulanti.

Borse Guajira

A dir la verità Daniele lo ''lascio''a dormire sulla spiaggia perchè non si sente troppo bene e lo vado a recuperare prima di andare a a prelevare gli zaini all'hostel dove li abbiamo lasciati prima di partire per Cabo de la Vela e sbavare ancora un pò per l'attesa partenza del bus pensando che non siamo nemmeno a metà del traggitto che in questo caso si può tranquillamente chiamare col suo vero nome: un viaggio!

Pisolino caraibico!

Ore 15, Rioacha - Bucaramanga
mezzo: bus
tempo: 13 ore circa
note: non te passa più!!!
Ora di arrivo a Buca (cosi viene chiamata dagli abitanti): 4 della mattina .

Scesi dal bus un bel pò frastornati notiamo subito la differenza climatica rispetto alla costa, ma non ci perdiamo in chiacchiere e andiamo subito alla ricerca del biglietto per San Gil, trovato senza problemi attendiamo un'altra ora per la partenza e via.

Ore 5, Bucaramanga - San Gil
mezzo: buseta
tempo: 3 ore circa
note: lasciata la cittadina, la strada che andiamo a percorrere è davvero interessante, infatti si sale molto di quota e si può ammirare dall'alto tutta la vegetazione rigogliosa e il paesaggio sottostante composto da rocce incastonate tra alberi e fiumi.

Il dirupo e la visuale man mano che si sale sono sempre più belli ed entusiasmanti, e non sono da meno i sorpassi del conducente (soprattutto ai numerosi camion) contromano a pochi passi dal precipizio!!!

Grazie a Dio giungiamo a destinazione!

Dal terminal prendiamo un taxi per andare a trovare una sistemazione nella piccola ma accogliente cittadina di San Gil, troviamo un primo hotel economico che ci gusta, ma al momento non c'è posto, cosi la padrona di ''casa'' ci conduce molto gentilmente ad un altro ostello che offre buona qualità-prezzo, anche se è posto (per fortuna solo a metà) su una salita così ripida che servono quasi i picchetti per affrontarla, ma non è male e ci sistemiamo qui ben volentieri data la pulizia e il profumo del posto.

Appena entriamo nella stanza, alla vista dei letti accoglienti e morbidi, veniamo calamitati su questi fino all'ora di pranzo causa il viaggio di durata complessiva di più di venti ore, dopodichè scendiamo per mangiare qualcosa in un ristorantino abbastanza chich per come abbiamo intrapreso questo viaggio e per come vogliamo continuare a viverlo.

Qui veniamo accolti con un antipasto di cocomerco fresco, acqua e limonata che i camerieri riempono prontamente una volta finiti, dopo aver degustato la zuppa criolla (davvero saporita e gustosa) accompagnata da crostini di pane, ordiniamo il piatto forte (carne con salsa all'ananas per me e con pomodoro e cipolla per Daniele) che viene accompagnato come al solito da riso, platano e insalata ''tropicale'' con uvetta, ananas e melone.

Per ultimo ci viene servito una sorta di squisito sorbetto semi gelatinoso alla pesca per pulire la bocca e addirittura ci viene offerta una caramella alla menta, ma non abituiamoci troppo a tutto questa eleganza e disponibilità dei camerieri!

Con le pancie piene ci accorgiamo di non aver smaltito ancora del tutto la ''sbornia'' del massacrante viaggio affrontato per giungere fino qui, cosi ci dirigiamo di nuovo verso l'hotel per riprenderci completamente riposandoci un altro pò prima di scendere in strada.

La cittadina non offre particolari attrazioni turistiche ed essendo molto modesta si concentra quasi tutto nelle vicinanze della piazza principale (che stranamente qui non si chiama piazza Bolivar!) dove si affaccia una bella chiesa e poco altro, ma è comunque piacevole passeggiare per le vie del centro, soprattutto in quelle più in alto di quota da dove si vedono la natura e le montagne circostanti.

Calle di San Gil

Catedral

Usciamo dal centro per affacciarci nei dintorni del parco Gallineral, dove scorre impetuoso il fiume Suarez e dove assaggiamo per la prima volta la specilità della zona: las hormigas culonas, che non credo abbia bisogno di traduzione! Purtroppo non ne troviamo fritte come volevamo, perchè ci dicono che questo non è periodo, ma le troviamo tostate e messe in una confezione trasparente a mo di caramelle! Strane, ma da provare!

Col Libertador

Rio Suarez

Preda o predatore?

Hormiga culona tostada

Dopo l'insolito aperitivo torniamo verso il centro dove ci fermiamo a mangiare prima di tornare abbastanza presto all'hotel, perchè l'indomani ci aspetta una nuova avventura, infatti abbiamo in programma di andare a vistare la vicina cittadina di Barichara e la piccolissima Guane.

Il mattino seguente...

Per raggiungere Barichara prendiamo una buseta dal terminal che in poco meno di un'ora giunge alla meta, ma decidiamo di non fermarci subito per girare questa cittadina, ma di andare prima a visitare la poco distante Guane.

Per arrivarci ci sono due modi, uno è quello classico di prendere una ulteriore buseta, l'altro è quello di percorrere il sentiero di circa 10 km chiamato ''Camino Real'' e arrivarci a piedi, naturalmente scegliamo la seconda opzione, sennò non ci sarebbe gusto no!

In effetti il sentiero non offre molto, ma ci permette di passare avvolti dalle colline e dalla natura su questo antichissimo cammino lastricato in pietra costruito per la prima volta dagli indigeni Guane, poi ricostuito più volte prima dagli spagnoli poi da tale George von Lenguerke nel 1864, inoltre percorriamo una zona ricca di fossili nel sottosuolo come hanno dimostrato i numerosi ritrovamenti, in quanto questa regione 60 milioni di anni fa era sott'acqua.




Tsillandia (barba de viejo)




Uno dei pochi esseri umani incontrati lungo il cammino


Dopo circa 2 ore e mezzo di passeggiata ed aver dribblato qualche capra incontrata qua e là durante il cammino giungiamo a Guane.

Il sentiero termina direttamente dietro il villaggio

Qui notiamo subito la tranquillità e la calma assoluta del posto, che è composto da 4 vie e poche più case dai tetti rossi e un pò malandati e dalla piazza centrale, molto curata dove sorge prorompente una vecchia chiesa rurale non rifinita di mattoni, qualche negozietto di artigianato, qualche tienda che vende prodotti tipici e un museo di fossili.









Naturalmente entriamo un pò dappertutto, comprando due cinte molto originali fatte a mano, assaggiando arequipe, un dolce tipico locale a base di latte di vacca, e visitando il museo, dove sono custoditi moltissimi fossili trovati nella zona delle più svariate dimensioni, reperti della cultura Guane e attrezzi e utensili dell'epoca coloniale, purtroppo qui non abbiamo potuto scattare foto, ma vi assicuro che è stato interessante, grazie anche alla guida e alle spiegazioni della signora che gestisce il posto che ci spiega un bel pò di cose.


Arequipe con marmellata di more


Usciti da qui, prima di risalire verso Barichara (stavolta in autobus, visto che Guane si trova a una quota sensibilmente più bassa) assaggiamo anche la chicha (bevanda a bassa gradazione alcolica ottenuta dalla fermentazione del mais, usata già nei tempi più antichi dagli indigeni del posto e tramandata nel tempo) e nel tragitto ci accorgiamo che a dispetto della bassa gradazione alcolica l'effetto si fa sentire eccome, stiamo perdendo l'abitudine all'alcool e mancano le seratine a San Lollo (!!!), infatti non appena arriviamo al capolinea nella piazza principale ci dirigiamo di corsa a mangiare per riprendere le forze e farsi un giretto per la piccola cittadina.

Sobrebarriga


Questa si presenta meno colorata delle precedenti città coloniali visitate fin'ora, infatti il bianco delle case è il colore che prevale su tutti gli altri insieme al rosso delle tegole un pò malandate dei tetti delle case, ma si vede comunque nell' architettura e nello stile l'epoca coloniale, ed è molto accogliente e ordinata e quindi è piacevole passeggiare tra le sue vie acciottolate e profumate dai fiori che sporgono dalle finestre come ornamento. Dalla parte più alta inoltre, si può ammirare quasi tutto il paese e i verdi e freschi dintorni delle colline che abbracciano Barichara.








Abbiamo anche il tempo di entrare a far visita al cimitero cittadino dove scorgiamo delle insolite e particolari lapidi prima di ripartire per San Gil, dove arriviamo che è quasi buio e decidiamo di comprare un pò di frutta per una cena un pò più sana e meno... fritta!



Potrebbe essere la tomba di un pastore sardo...


Sapote, mango, pera, granadilla e le immancabili buste d'acqua

Granadilla

Anòn



Nemmeno restando un pò più leggeri a cena però ci viene voglia di uscire nemmeno stasera, anche perchè i 10 km del Camino Real un pò si fanno sentire e inoltre l'indomani ci aspetta un nuovo spostamento di qualche centinaia di km (il bello è che qui non esistono autostrade e per percorrere 100 km ci si possono impiegare anche 2 ore e mezza o 3!).

A dir la  verità l'indomani io e Daniele ci divideremo per la prima volta in questo viaggio, infatti Daniele scenderà lungo il tragitto destinazione Villa de Leyva mentre io proseguirò fino a Bogotà per andare a trovare Maria Fernanda (vedi capitolo Cabo de la Vela e la Gujiara in questo blog) ma questa è un altra storia...