Dopo la visita a San Gil e dintorni, Mr. Giuliacci decide di seguire il cuore e visto che è venerdì e il fine settimana non si lavora, invece di scendere dal bus a Chiquinquirà prosegue direttamente per Bogotà per andare a trovare Maria Fernanda.
Così a Chiquinquirà scendo da solo e mi prendo un piccolo bus verso Villa de Leyva, cittadina coloniale immersa nella campagna andina nel dipartimento di Boyacà, dove arrivo nel tardo pomeriggio dopo aver cambiato mezzo a Sachica (insomma per arrivarci m'è toccato prendere un bus, una buseta e pure un taxi).
Già dalla buseta si gode di una vista sulle montagne e le vallate sottostanti che definire hermosa è poco, e infatti Villa non tradisce le aspettative.
Il pueblo è come sospeso nel tempo, con i suoi edifici risalenti al periodo coloniale e le strade fatte di ciottoli, la sua immensa piazza centrale (forse la più grande della Colombia) e i maestosi cerros che la circondano coperti di rigogliosa vegetazione d'alta quota.
Per prima cosa mi vado a cercare una sistemazione per la notte, che trovo nella Renacer Guesthouse, splendido ostello un pò fuori dal pueblo, immerso nel verde e nella natura, e che rappresenta lo sdoganamento delle notti in camerata, evitate come la peste fino a questo momento, ma bisogna fare di necessità virtù e limitare le spese...
Renacer Guesthouse |
Panorama dall'ostello |
Me ne vado subito in paese percorrendo il sentiero sterrato che offre una splendida vista dei tetti di tegole e dei monti circostanti e passa accanto un presidio militare con tanto di sentinella dotata di megafucile e trincee che fanno un pò sorridere. Nonostante la presenza dell'esercito nel paese sia non indifferente (evidentemente la guerriglia ancora fa paura nonostante Uribe...) trovare i militari in questo posto mi fa parecchio "strano". I pischelli in tuta mimetica non vedono l'ora di incontrare qualche straniero per scambiare qualche parola e un saluto...
Villa de Leyva |
Incastonata nella cordillera oriental |
Gironzolo un pò per il pueblo affascinato dai colori e dalle persone in poncho e cappello a falda, un pò di spesa per i prossimi giorni (l'ostello ha una bella cucina) e un polletto asado per placare la fame dopo il viaggio, anche se i dolori allo stomaco e la pancia continuano a farsi sentire (e lo faranno per qualche giorno ancora).
Plaza mayor |
Il giorno seguente è dia de mercado, per cui prima di avventurarmi in un'escursione naturalistico-archeologica, vado a dare un'occhiata al piazzale ricolmo di banchi di frutta, carni e verdure, bancarelle che propongono le specialità boyacensi e venditori d'artesania locale.
Mi piace frequentare i mercati, consentono di osservare e conoscere tanti particolari che altrimenti sfuggirebbero al turista.
Frutti multicolore, zuppe fumanti, chicharrones. Ponchos e cappelli di lana. Sacchi di galline e pulcini vivi. Scarpe usate, impermeabili di gomma, orologi. Souvenir di legno, minerali e piccoli fossili.
Uomini e donne che ripetono a tutti la stessa frase: "a la orden!". Ragazzini che aiutano le mamme a servire la colazione. Ragazzini che sfuggono alle mamme che insistono per essere aiutate a servire la colazione. Uomini con maglioni pesanti e fucili che vendono selvaggina. Boyacensi che fanno la spesa cercando di spuntare un buon prezzo.
Guanabana gigante in primo piano |
Faccio colazione con chicharrones (pezzi di maiale fritto, stavolta nello strutto...), mais tostado e tinto, dopodichè me ne vado verso il terminàl per trovare un mezzo che mi porti vicino a El Infiernito, un sito archeologico muisca, che ho preso come punto di partenza per l'escursione odierna.
Cucina all'aperto |
Ci vuole un pò per capire quale è il mezzo di trasporto giusto, ma dopo un pò d'attesa e dopo essere salito erroneamente su un 4x4 ed essere sceso proprio mentre stava partendo trovo la buseta giusta, diretta verso un pueblo poco lontano, che mi lascia sulla strada principale vicino all'incrocio con la sterrata che porta a Infiernito.
Una bella passeggiata nei campi pieni di pecore e contadini (e le Ande ammantate di nubi come sfondo) e arrivo alla Stonehenge colombiana (mai paragone fu più azzardato!).
El Infiernito è un luogo sacro degli antichi Muisca, popolo che abitò la cordigliera orientale prima dell'arrivo degli invasori spagnoli, composto da un osservatorio-orologio solare, alcune tombe e soprattutto una ventina di monoliti che servivano a celebrare la fertilità, sia della terra che degli esseri umani. E' proprio questa la zona più interessante, tutte le statue, alcune sono alte 3 metri, hanno la forma (non le dimensioni!!) di piselli umani!
Proprio perchè sacro ai nativi, gli spagnoli misero in giro la voce che fosse frequentato dal diavolo, da qui il toponimo odierno Infiernito...
L'osservatorio Muisca |
Ipogeo principale |
Sentiero fallico |
Gironzolo un pò tra questi cazzoni (un cazzone tra i cazzoni, mi viene da pensare e da sorridere...), poi di nuovo prendo il sentiero sterrato per tornare sulla strada principale e andare a El Fosìl.
Fortunatamente incontro proprio all'incrocio con la carretera una famigliola, padre madre e figlioletto, che si sono persi alla ricerca di un allevamento di struzzi (!!) e mi chiedono indicazioni. Casualmente so dove si trova perchè ci sono passato davanti con l'autobus e gli mostro la strada sulla mappa che mi hanno regalato in ostello. E colgo anche l'occasione per farmi dare un passaggio visto che vanno nella mia stessa direzione.
Ancora più casualmente scopro che questo mal di pancia che mi perseguita da qualche giorno e che mi sta togliendo la voglia e l'apprezzamento per il cibo è dovuto con buone probabilità a un batterio parassita e quindi dovrò fare una cura altrimenti non se ne andrà mai. La signora, non contenta di avermi dato un passaggio, mi offre pure un mandarino che però rifiuto spiegandole che è acido e che ho una gastrite da far paura. "Io sono un medico" mi dice, così le spiego i sintomi e lei mi fa una diagnosi al volo e mi lascia anche una lista di medicinali da comprare per risolvere il problema... Naturalmente prima di prendere qualsiasi farmaco andrò a farmi visitare, però credo che se non l'avessi incontrata starei ancora bestemmiando chiedendomi perchè sta cavolo di cacarella dura così tanto!!
Mi faccio lasciare nei pressi dell'entrata a El Fosìl, ringraziando con calore queste persone tanto gentili, ed entro nel piccolo museo che è stato costruito intorno al fossile grandissimo di un plesiosauro che non è stato spostato dal luogo del ritrovamento. E' stato necessario costruire una protezione dalle intemperie e dal sole che è diventato appunto il museo de El Fosìl, pieno zeppo di fossili di tutte le ere in cui queste terre si trovavano da tutt'altra parte, sotto centinaia di metri di mare.
La quantità di fossili rinvenuta da queste parti è impressionante, ci sono addirittura dei ragazzini che si incontrano spesso per strada che vendono piccole ammoniti che vanno a cercare tra le roccie...
Amonites |
Fossile di plesiosauro. Il museo gli è stato costruito intorno |
Jurassic park! |
Dal fossile scendo ancora in direzione Villa de Leyva fino ai Pozos Azules, pozze d'acqua di un colore azzurro intenso ai piedi di una bella vallata.
Per ultimo, non volendo (stavo cercando la casa de barrio, senza successo) mi imbatto in un ritrovo di cristiani-evangelici che stanno cominciando una riunione. Andare via senza aver offeso nessuno e senza aver permesso di "aprirmi le porte al signore e al paradiso" è stato un mio piccolo capolavoro...
Torno a Villa che è ormai pomeriggio inoltrato, trovo giusto il tempo di tornare al mercato e prendere un paio di immensi avocadi e un sacchetto di uchuwa (alchechengi) dagli ultimi banchi rimasti prima di tornare stremato alla Renacer Guesthouse, dove mi preparo una bella cenetta con pasta ai peperoni e insalata di avocado per secondo.
Papaya "hawaiiana". Piccola, succosa e dolce. |
Il giorno seguente, nonostante i dolori di pancia notturni, decido di andare a La Periquera, una riserva boscosa caratterizzata da una serie di sette cascate una dietro l'altra, e ci vado in bicicletta.
Arrivo in cima (sono 12 km tutti in salita, manco al Giro d'Italia...) con il cuore in gola, ma il posto merita proprio un bell'applauso.
Innanzitutto invece di scendere per il sentiero mi butto giù per la scarpata in canopy, che è una carrucola appesa a una corda che ti fa scendere di un centinaio di metri in dieci secondi sospeso nel vuoto, poi c'è una bella passeggiata di un paio d'ore nel bosco che segue il corso del fiume che scende impetuoso formando le cascate. Spettacolo.
E se l'andata è tutta salita il ritorno è tutta discesa!
Sfreccio giù dalle colline fermandomi soltanto per fare qualche foto e per spingere la bici quando incontro una salitella sporadica che non c'ho più voglia di pedalare, arrivando a Villa nel tardo pomeriggio giusto per fare una chiamata a Giuliano (tramite il telefono di M. Fernanda) per avvertirlo che domani sarò a Bogotà all'ora di pranzo.
L'indomani, primo di agosto, mi lascio alle spalle i boschi e le vallate intorno a Villa de Leyva, che resteranno per sempre vividi nei miei ricordi. Anche a voi: arrivederci...